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Piedmontese | |
---|---|
Piemontèis | |
Native to | Italy |
Region | Piedmont (northwest Italy) |
Native speakers | 700,000 (2012) [1] |
Indo-European
| |
Official status | |
Recognised minority language in | |
Language codes | |
ISO 639-3 |
pms |
Glottolog |
piem1238 |
Linguasphere | 51-AAA-of |
Piedmontese (autonym: piemontèis [pjemʊŋˈtɛjz] or lenga piemontèisa , in Italian: piemontese) is a Romance language spoken by some 700,000 people mostly in the province of Piedmont, which lies in the northwestern region of Italy. It is geographically and linguistically included in the Gallo-Italic languages group of Northern Italy (with Lombard, Emiliano-Romagnolo and Ligurian). It is part of the wider western group of Romance languages, which also includes French, Occitan, and Catalan. It is spoken in Piedmont (except to the east, on the eastern part of the Sesia river), Liguria (to the northwest near Savona) and Lombardy (a very small part, in thr town of Lomellina in the Province of Pavia).
The Piedmontese language represents a strong link between the Lombard and Occitan languages however, it also contains numerous unique lexical, phonetic, and morphological features, which help distinguish it significantly from this continuum, as well as from both French and Italian [2], two languages it is frequently associated with due to linguistic history as well as the historical geographic proximity to both languages.
Nella regione Piedmont sono state utilizzate storicamente ben
otto lingue, di cui quella che prende il nome di Piedmontese è l'unica ad essere centrata e racchiusa quasi interamente nel territorio della suddivisione amministrativa.
Dal punto di vista genealogico, il Piedmontese deriva dalla lingua latina innestata sugli idiomi celtici e celto-liguri dopo l'occupazione romana del Piedmont, con successivi contatti e apporti dalle lingue prossime e da quelle adottate come ufficiali.
Il Piedmontese deve ritenersi una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per «lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato». [3] È riconosciuto fra le lingue minoritarie europee dal 1981 (rapporto 4745 del Consiglio d'Europa) ed è inoltre censito dall' UNESCO, nell' Atlante delle lingue del mondo in pericolo, tra le lingue meritevoli di tutela. [4]
Il 15 dicembre 1999 il Consiglio regionale del Piedmont, nell'ordine del giorno contenente la richiesta al presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche [5], ha ufficialmente riconosciuto il Piedmontese quale lingua regionale del Piedmont. [6] Nel 2015 il Consiglio regionale del Piedmont ha attivato la versione in Piedmontese del suo sito ufficiale [7], mentre la legge regionale n. 11/2009 di valorizzazione del patrimonio linguistico del Piedmont - a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 170/2010 che ne aveva fortemente compromesso l'efficacia - è stata aggiornata nel 2016. [8] La lingua Piedmontese è inoltre parte della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina. [9]
Come lingua scritta il Piedmontese si usa fin dal XII secolo ( Sermoni subalpini), ma una vera koinè per uso letterario si è sviluppata solo nel Settecento, epoca che ha visto la nascita di una letteratura a carattere nazionale che ha toccato poco per volta tutti i generi: dalla lirica al romanzo, alla tragedia e all' epica. [10] La grafia Piedmontese si basa sulla tradizione del Settecento; nel Novecento ha goduto di una normazione più precisa e completa, che ha dato un non piccolo contributo alla stabilità e all'unità della lingua, aiutando a codificare anche alcune varietà orali che hanno avuto tradizioni letterarie scarse o assenti.
Pur non essendo regolato ufficialmente da nessuna istituzione, il Piedmontese è materia di ricerca del Centro Studi Piedmontsi - Ca dë Studi Piemontèis, fondato a Torino da Renzo Gandolfo, che conduce ricerche sulla lingua, la letterature e le sue varietà, ed organizza i Rëscontr antërnassionaj per attirare allo studio della lingua altri accademici occidentali.
In Piedmont si parlano 6 tipi linguistici differenti. Di conseguenza, l'area in cui si parla lingua Piedmontese, pur essendo piuttosto vasta, non coincide con l'intera superficie della regione Piedmont. [11] Tutta la provincia del VCO, amministrativamente Piedmontese, è infatti di parlata lombarda, eccetto Formazza e Macugnaga, che sono colonie di lingua walser, come anche Alagna e Rimella in Valsesia.
La Provincia di Novara è invece interessata dal confine tra il Piedmontese e il lombardo. L'ultima fascia di comuni che porta in modo variabile i tratti Piedmontsi è quella compresa tra il corso della Sesia e le colline novaresi, e comprende tutti i comuni della riva sinistra (da Romagnano a Langosco, passando per Carpignano, Recetto, Vinzaglio) che sono gli ultimi comuni classificabili come Piedmontsi prima di cedere il passo al lombardo.
Questi comuni sono gli ultimi che praticano l'enclisi dei pronomi con i participi passati, la vocalizzazione della "L" (come càud vs. cald dal latino CALIDU), la sesta persona indicativa in -o (lor i canto vs. lor i càntan), i dittongamenti Piedmontsi (candèila, sèira e non "candèla, sèra" o candira, sira, tipici lombardi) mentre immediatamente a est compaiono con forza tratti lombardi come la conservazione delle occlusive intervocaliche che in Piedmontese cadono (dismentigà vs. dësmentié), gli infinitivi terminanti per consonante (vess, scriv), il tipo pronominale luu/lee al posto di cëll/cëlla oltre ad usi lessicali tipicamente lombardi (mett e non più il Piedmontese buté, trà e non più il Piedmontese campé, botelia e non più il Piedmontese bota).
Di contro al valsesiano, che è il dialetto più lombardo del Piedmontese (conserva infatti alcune occlusive intervocaliche, il pronome dativo-locativo ghë anziché il tipo lenito Piedmontese jë/ië, usa frequentemente la negazione lombarda mia, e possiede ovvie vicinanze nel lessico), alcuni tratti Piedmontsi si rinvengono nel Cusio e a Novara, residui tuttavia in un tipo di parlate già lombardo (tra questi, la vocalizzazione della L, diffusa in Cusio e nell'Alto-Novarese, la quarta persona terminante per -oma, il plurale femminile terminante per vocale, i dimostrativi del tipo col, cost che iniziano per ['kʊ-], localmente anche l'esito palatizzato in "-é" del latino -ARE, invece dell'"-à" che è dominante nel tipo lombardo, e i giorni della settimana Piedmontsi non terminanti per "dì").
Verso sud, il Po segna il confine tra Piedmontese e lombardo. Si trovano tratti Piedmontsi anche nella Lomellina occidentale, in particolare per la coniugazione verbale a Candia e Breme, ma subito ad est i tratti lombardi sono in tutto dominanti, a parte la caduta di alcune occlusive intervocaliche che compare ancora. Si ha di fatto un dialetto Piedmontese che conserva alcune occlusive (il valsesiano) e un dialetto lombardo che le fa cadere alla Piedmontese (il lomellino occidentale). In ogni caso coincidono con questo tratto del Po da Casale a Valenza le isoglosse della vocalizzazione di L, della negazione post-verbale nen(t) (nò in Lomellina) e dell'uso del verbo travajà contro il lombardo lavorà. Si noti che in questa zona su entrambe le sponde, sia quella lomellina che quella monferrina, l'infinitivo derivato da -ARE non è palatizzato alla Piedmontese.
In provincia di Alessandria sono presenti forti interferenze fra tre ceppi: Piedmontese, ligure ed emiliano. Il limite del Piedmontese è posto all'incirca lungo il corso della Scrivia e quello dell' Orba, lungo i quali s'interrompono in modo abbastanza improvviso i tratti che caratterizzano il monferrino come Piedmontese: rispetto al tortonese l'assenza della coniugazione in consonante (scrivi vs. scriv), il plurale femminile vocalico e non adesinenziale (ël dòni vs. i donn), la seconda persona singolare vocalica e non adesinenziale (ti it canti vs. ti it cant), e rispetto alle varietà di tipo ligure la concomitanza di vocali finali al maschile (es.: binel/binej vs. binello/binelli) e il trattamento ligure dei nessi consonantici latini PL-, BL- e FL- (pian, bianch e fior vs. cian, gianco e sciô). Esistono dialetti liguri con vocali finali ma con un trattamento più gallo-italico di tali nessi. [12] Ne risulta che le città di Novi Ligure e Ovada, oltre alle valli Scrivia, Borbera e alte valli del Curone e del Grue si parla ligure (sono passate ad Alessandria solo dal Decreto Rattazzi del 1859).
Per un breve tratto da Molare a Pareto il confine linguistico segue quello amministrativo, mentre più a ovest si apre un'ampia zona di transizione compresa nella provincia di Savona costituita dall'alta Val Bormida, che tratta i tre nessi latini alla ligure (cian, gianch, sciô), possiede le vocali finali solo sporadicamente nei plurali (piemontèis pl.: piemontèixi) e possiede una fonetica ligure arcaica e fortemente rotacizzata, ma frammista a forti influenze Piedmontsi nella morfo-sintassi e nel lessico (negazione post-verbale nàint, prima coniugazione in "-é", lessico come buté, travajé). Più nettamente ligure è l'Alta Val Tanaro da Pievetta di Priola a monte, per via della combinazione tipicamente ligure dei nessi e delle vocali finali al maschile [13], mentre sono monregalesi arcaiche Viola e Pamparato ( CN), e sono Piedmontsi alto-langaroli Bagnasco, Massimino (SV) e i paesi dell' alta Langa, dove si possono ancora incontrare due tratti recessivi di transizione: la palatizzazione ligure di PL in C dolce e i fonemi [ʃ], [ts] e [dz] nelle posizioni tipiche del ligure arcaico [14].
A ovest il dominio linguistico Piedmontese si arresta prima del crinale alpino e del confine con la Francia: nelle valli cuneesi occidentali, nelle valli saluzzesi e nelle valli valdesi della provincia di Torino si parlano varietà di provenzale cisalpino, che presentano gradualmente alcuni tratti tipici transalpini (per questo è di recente uso il termine di valli occitane). A Coazze, nei dintorni di Susa, nelle tre Valli di Lanzo, in alta valle Orco e in Val Soana si parlano varietà collegate in modo più o meno stretto con i parlari arpitani della Valle d'Aosta e della Savoia.
Il carattere delle parlate alpigiane, sebbene sia già accomunabile ai tipi transalpini, presenta varie elementi endemici di transizione con il Piedmontese, per esempio il pronome mi al posto dell'occitano ieu, oppure la comparsa molto graduale di plurali sigmatici (la fnetrelo pl. la fnetrela e non subito las fnetrelas) e di nessi consonantici (nelle valli valdesi compare la forma ['kjaw] per il latino CLAVE, che è intermedia tra il nesso conservato occitano ['klaw] e il nesso palatizzato Piedmontese ['tʃaw] ciav). Inoltre nel corso del Novecento le trasformazioni che hanno interessato la società di montagna hanno giocato a sfavore dei patois locali, tanto che il Piedmontese di koiné per un breve periodo alla fine del Novecento è stato la lingua più parlata fino alla cresta alpina, finché non è stato l'italiano a sovrapporsi e indebolire entrambe.
Per i movimenti socio-economici dei secoli passati, è comune incontrare il Piedmontese di koiné anche nei principali centri del fondovalle valdostano fino ad Aosta. [15] [16]
L'area linguistica di tipo Piedmontese presenta alcune variazioni su temi fonetici, morfo-sintattici e lessicali, dovute ad asincronie più o meno vistose, od originati dal contatto che solo alcuni dialetti hanno avuto con le lingue adiacenti. I tratti che solo alcuni dialetti condividono con il lombardo si irraggiano dalla Lombardia alla Dora Baltea (nel quadrante nord-est) e dalla Provincia di Pavia al Monferrato (nel quadrante sud-est). I tratti coerenti con il franco-provenzale sono molto scarsi e recessivi, e si concentrano in Val di Susa e Canavese. I tratti di contatto con l'occitano coinvolgono la pianura occidentale, compresa la città di Torino. L'ampia regione collinare del basso Piedmont presenta l'articolo o, i rotacismi in [ɹ] evanescente, forti velarizzazioni della [a] e altri tratti coerenti con il ligure di natura quasi esclusivamente fonetica.
Sono state proposte varie suddivisioni, in particolare quella di Biondelli 1853 appare superata in molti punti. Biondelli divideva in "pedemontano", "valdese", "alpigiano", "canavesano" e "monferrino". Modernamente i gruppi "alpigiano" e "valdese" sono attribuiti alle lingue transalpine tout-court, mentre il canavesano, nell'accezione moderna, non comprende più il vercellese ed il biellese, come sosteneva Biondelli. Il raggruppamento dialettale più condiviso è tripartito in:
Le definizioni classiche per i due settori del Piedmontese sono Alto-Piedmontese (per quello occidentale) e Basso-Piedmontese (per quello orientale) in riferimento al corso del fiume Po [17]. La koiné, essendo fondamentalmente una lingua comune e letteraria è considerata spesso al di sopra di questi gruppi, sebbene sia a base torinese e quindi occidentale/alto-Piedmontese.
Il Piedmontese orientale è una varietà foneticamente più evoluta dell'occidentale.
L'evoluzione fonetica più vistosa è il passaggio a [dʒ] e/o [tʃ] di ciò che in occidente termina per [-jt], [-jd] o [t]. Per esempio làit, tùit occidentali diventano lacc, tucc orientale, frèid occidentale diventa fregg o frecc orientale, lét occidentale diventa lecc orientale. In linea di massima si tratta di un automatismo, ma presenta alcune eccezioni o differenze ulteriori, per esempio neuit diventa regolarmente neucc nel quadrante sud-est, ma nócc nel quadrante nord-est, per influenza lombarda. Un'altra influenza lombarda si ritrova quando l'occidentale veuid in oriente diventa veuj. Altre parole usate anche in Piedmont orientale ma di derivazione occidentale non presentano il fenomeno, quindi deuit rimane uguale sia ad est sia ad ovest.
Una differenza forte a questo riguardo riguarda alcune parole di uso comune, che in Piedmontese orientale seguono il lombardo fin dalla traccia latina: vegg e eugg (vecchio e occhio) derivano dal trattamento alla lombarda di nessi tardo-latini VEGL- e EUGL-, che in Piedmontese occidentale hanno avuto un ulteriore passaggio in VEIL- E EUIL-, sul modello transalpino.
In tutto il Piedmontese orientale le -e a fine di parola pronunciate ad ovest diventano -i: sia le <-e> degli infinitivi di seconda coniugazione (essi, scrivi e non esse, scrive), sia le <-e> dei plurali femminili (dòni o fomni e non dòne o fomne), sia le <-e> delle seconde e quinte persone verbali. Questo tratto basso-Piedmontese è tuttavia precoce, tanto che già a Torino è presente per gli infinitivi e le seconde persone verbali, ma non per i plurali femminili. Si può osservare la forte evoluzione fonetica anche da tratti più circoscritti, per esempio in Monferrato le lenizioni vocaliche sono più stringenti (dman e non doman, cla e non cola), e nel Monferrato ma anche nelle Langhe la pronuncia della [y] si è tanto ristretta da ruotare in una [i]. Questa rotazione si è prestata ad ulteriori variazioni, come nell'alto monferrino (buta>bita>béita ['byta]>['bita]>['bejta]).
Una variazione morfologica che divide nettamente est ed ovest è la coniugazione indicativa imperfetta dei verbi irregolari. In occidente è in uso la gamma di desinenze <-(as)ìa> o <-(is)ìa>, mentre in oriente è utilizzata la stessa gamma <-ava>/<-iva> dei verbi regolari. Per i verbi "fare, dare, stare, andare, dire, avere, sapere" l'imperfetto occidentale è fasìa, dasìa, stasìa, andasìa, disìa, avìa, savìa mentre l'imperfetto orientale è fava, dava, stava, andava, diva, ava, sava, quest'ultimo pronunciato con A velare (<ä>, [ɑ, ɔ]) nelle aree prossime alla Liguria.
Comuni a tutto il Piedmontese orientali sono anche alcune differenze sul lessico, per esempio è in uso il tipo pianze invece di pioré, il tipo spussé invece di fiairé, il tipo dòna invece di fomna, il tipo fradel invece di frel. Esiste poi una fascia molto vicina al confine linguistico che non fa uso della negazione pa. Talvolta alla scomparsa di pa corrisponde l'uso del mia lombardo come negazione secondaria.
L'oriente, essendo più frammentato dell'occidente, contiene altri tratti diffusi però solo in zone circoscritte e non comuni a tutta l'area.
Il canavesano è un dialetto gallo-italico che si confronta con il dialetto Piedmontese occidentale, in quanto concorda con esso sui temi fonetici contrapposti al Piedmontese orientale. Concorda con il resto del Piedmontese sulla maggior parte del lessico, ed ha sempre avuto un rapporto socio-linguistico con il torinese paragonabile a quello dei patoé delle vallate. I parlanti di canavesano praticano storicamente la diglossia tra Piedmontese di koiné e canavesano.
Presenta alcuni esiti fonetici concordi con il franco-provenzale, come per esempio l'esito ['wɛ] laddove il Piedmontese ha ['ɔj] (doèra e non dòira) e l'esito ['ɛ] laddove il Piedmontese ha ['aj] (per esempio fêt e non fàit, uêre e non vàire). Il canavesano adotta il carattere speciale <ê> per marcare proprio questa modifica del dittongo ài in e aperta. Tale grafema è necessario nello scritto per distinguere le coppie minime omofone che si vengono a creare in canavesano, come lét (letto) e lêt (latte).
Altra differenza dal Piedmontese è la conservazione delle R finali che il resto del Piedmontese ha perso (ciocher e non cioché, avèir e non avèj)
Tuttavia la variazione più improvvisa del canavesano risiede nell'infinitivo di prima coniugazione -ar, che diverge sia dal dialetto valdostano confinante, sia dal torinese e dal biellese, che presentano tutti l'infinitivo <-é>. Il dialetto a cui si raccorda questa caratteristica è il trinese, parlato al di là della Dora Baltea in una porzione della Provincia di Vercelli corrispondente in massima parte con i circondari del Principato di Lucedio, che fa da ponte tra l'<-ar> canavesano e l'<-à> basso monferrino, che a sua volta è in continuità all'<-à> lomellino e quindi lombardo. Sono invece coerenti con il dialetto valdostano la quarta e sesta persona di tutti i verbi, che terminano in <-en> (atono), invece che <-oma> e <-o> (per esempio nijêtr e cànten invece di nojàitr i contoma, nijêtr e fen invece di nojàitr i foma).
La koiné Piedmontese (dal greco "lingua comune"), basata su una gamma di tratti torinesi, si è affermata con una certa stabilità tra il Settecento e la metà del Novecento, come codice regionale di prestigio. Questo processo di koinizzazione non è l'unico che si è verificato tra le lingue d'Italia non ufficiali, ma quello Piedmontese ha dimostrato un certo vigore a cui hanno contribuito l'alta omogeneità del dialetto della pianura occidentale ed il crescente ruolo strategico, politico e commerciale di Torino. La koiné parlata in ogni caso è un fatto distinto dal "Piedmontese letterario". Quest'ultimo è infatti un registro illustre derivato dalle classi sociali medio-alte e utilizzato nella produzione scritta. La koiné parlata che ha avuto realmente presa sulla regione era caratterizzata come una varietà media di torinese "piccolo borghese", scevra di peculiarità lessicali e in fase di italianizzazione da alcuni decenni. Il dialetto occidentale, con il triplice ruolo di lingua illustre, lingua comune e dialetto numericamente maggioritario, ha avuto una influenza variabile sui principali centri industriali, commerciali, amministrativi e culturali - dove si parlano varietà Piedmontsi differenti da quella di Torino - e i cui abitanti assumono caratteri torinesi che poi estendono al circondario. È così che le proprietà dei dialetti locali che non coincidono con i tratti di koiné vengono giudicate come rurali o arcaiche dai parlanti di dette comunità, che tendereanno a ridurle fino alla loro recessione [18].
Ciò è stato riscontrato a vario grado a Vercelli, Biella ed Asti, mentre Ivrea, Pinerolo, Lanzo e Susa ( provincia di Torino) risultano ormai compatti con il torinese. Vi è poi una vasta zona di pianura, che comprende tre delle "sette sorelle" della Provincia di Cuneo (ovverosia Saluzzo, Cuneo e Savigliano) in cui si parla un dialetto (noto perlopiù come "alto-Piedmontese") che non si discosta molto dal torinese, fatta eccezione per alcune caratteristiche fonetiche e morfologiche, coincidenti in larga parte con le sue fasi più antiche [19] [20].
Fra le lingue neo-latine il Piedmontese, nella sua storia, è una delle lingue che si sono maggiormente semplificate. Verso la fine del XVII secolo il passato remoto e il trapassato remoto erano già completamente estinti [21], successivamente è caduto l'articolo prima dell'aggettivo possessivo [22] e si sono sviluppate forme più semplici con indicativo e condizionale in alternativa all'uso del congiuntivo, soprattutto dei suoi tempi composti. [23] Senza l'uso del congiuntivo, tuttavia, non si può parlare correttamente il Piedmontese e l'errore viene subito notato. [24] Successivamente, con la massiccia penetrazione dell'italiano, il lessico italiano ha influenzato quello più proprio Piedmontese e così parole come per esempio ancreus, pertus, parpajo, frel, seure, barba, magna e adret sono state rispettivamente sostituite da profond [25], beucc, farfala, fratel, sorela, zìo, zìa e àbil.
Nel secolo XVIII venne stampata la prima grammatica della lingua Piedmontese (in Piedmontese: gramàtica piemontèisa) ad opera del medico Maurizio Pipino presso le Stamperie Reali (1783); però era incompleta. L'unica versione di una certa completezza è quella di Arturo Aly Belfàdel, pubblicata a Noale nel 1933. La Gramàtica Piemontèisa di Camillo Brero è scritta interamente in Piedmontese ed è ancora oggi un riferimento per la lingua letteraria.
Oggi sono disponibili diverse risorse sulla rete: un dizionario consultabile online [26] e alcune grammatiche, fra cui spicca una trilingue (in Piedmontese, italiano e inglese) [27]. Sulla rete la lingua Piedmontese si è ritagliata piccoli spazi in cui viene usata soprattutto per iscritto, contribuendo quindi a un avvicinamento di alcune persone a scrivere nella corretta grafia della koinè. Fra i pochi alfabetizzati si verifica inoltre un processo denominato dai linguisti ausbauization, o più semplicemente purismo, per cui si tende all'uso di parole autoctone o di derivazione francese, evitando l'uso di italianismi. Alcuni esempi possono essere malfè e belfè al posto di dificil e facil, oppure belavans invece di purtròp o ancora nopà al posto di anvece. Un grande lavoro di ricerca e di riabilitazione del lessico più proprio del Piedmontese è partito con l'opera dei Brandé e prosegue tuttora. Un altro fenomeno a cui si assiste soprattutto nella Wikipedia Piedmontese, è quello della codifica di nuove parole per definire oggetti di recente invenzione. Per esempio per parlare di uno schermo piatto si è adottata la parola ecran o per definire il mouse si usa la parola rat, che vuol dire per l'appunto topo. [28] Un ulteriore fenomeno è quello sempre più marcato di includere le varianti in un'unica Dachsprache (dal tedesco "lingua-tetto") invece di tenerle divise. La lingua tetto accetta tutte le parole a prescindere dalla loro precisa provenienza geografica all'interno del territorio in cui si parla Piedmontese. All'interno della lingua tetto non sarà più tipicamente astigiano parlare di un ragazzo con la parola fanciòt, ma l'obiettivo sarà quello di rendere utilizzata e compresa la parola fanciòt da tutti gli alfabetizzati di ogni provenienza. [29]
L'attuale grafia del Piedmontese è stata introdotta negli anni trenta dallo scrittore e letterato subalpino Pinin Pacòt. Esistevano altri tipi di grafie, ancora oggi saltuariamente usate. L'alfabeto Piedmontese è costituito da 25 lettere, 4 in più rispetto a quello italiano (ë, j, n- e ò) con cui condivide la maggior parte delle caratteristiche; vi sono 8 vocali (a, e, ë, i, ò, o, ó e u), le restanti lettere sono tutte consonanti; esiste anche il gruppo vocalico eu che è sempre tonico e si pronuncia con suono unico, esattamente secondo la pronuncia francese (es.: reusa, "rosa" in italiano; oppure cheur, "cuore"; oppure feu, "fuoco"; oppure cheuse, "cuocere"). La sua trascrizione fonetica è ø.
La pronuncia di ogni lettera è uguale a quella italiana con le seguenti eccezioni:
e senza accento, in sillaba chiusa (cioè in sillaba dove la e è seguita da consonante), si pronuncia aperta (ɛ) (es.: pento, "pettine"; oppure mercà, "mercato"), mentre in sillaba aperta (cioè in sillaba che finisce con la e), si pronuncia chiusa (e) (es.: pera, "pietra"; oppure lese, "lèggere");
è con accento grave, ha sempre suono aperto (ɛ), più aperto rispetto alla pronuncia della e aperta in italiano (es.: enèrgich, "energico"; oppure përchè, "perché" in italiano; oppure cafè, "caffè");
é con accento acuto, ha sempre suono chiuso (e) (es.: fé, "fare"; caté, "comprare"; lassé, "lasciare");
ë detta "semimuta", ha uno suono stretto (ə), appena pronunciato, simile a quello della pronuncia dell'articolo francese "le" (es.: fërté, "strofinare"; chërde, "credere"; fëtta, "fetta"), viene detta anche tersa vocal piemontèisa ("terza vocale Piedmontese");
o senza accento, si pronuncia come la u in italiano (u) (es.: Piemont, "Piedmont"; conté, "raccontare"; sol, "sole" (sostantivo); mon(ch), "mattone"). Nelle grafie antiche si scriveva ou oppure u oppure ô e talora anche ö;
ò con accento grave, si pronuncia come la o aperta in italiano (ɔ), in Piedmontese è sempre tonica (es.: dòp, "dopo"; còla, "colla"; oppure fòrt, "forte"). Nelle antiche grafie era sempre scritta o;
ó con accento acuto è utilizzata nei rari casi in cui l'accento tonico cade sul suono o (l'italiana "u") in parole in cui è necessario segnalare l'accento. Se venisse utilizzo l'accento grave verrebbero confusi i foni e si pronuncerebbe ɔ. (es.: "róndola", "rondine"; "ragó", "ragù");
u senza accento, si pronuncia come la u in francese o come la ü in tedesco (y) (es.: butir, "burro"; muraja, "muro"; curt, "corto"; tuf, "afa"). Nelle grafie antiche talvolta appariva scritta ü ed in rari casi û;
c ha sempre suono dolce davanti ad i oppure e (es.: cel, "cielo"; ciòca, "campana"); per rendere il suono duro davanti ad i oppure e si interpone la lettera h (es.: schers, "scherzo"; chitara, "chitarra"); davanti alle altre vocali ha sempre il suono duro (es.: còl, "collo"; cossa, "zucca"); a fine parola se ha suono duro si aggiunge la lettera h (es.: strach, "stanco"; tòch, "pezzo"; pacioch, "fango"), se invece ha suono dolce si raddoppia la c (es.: sbrincc, "spruzzo"; oppure baricc, "strabico");
g ha sempre suono dolce davanti ad i oppure e (ʤ) (es.: gent, "gente"; giust, "giusto"); per rendere il suono duro davanti ad i oppure e si interpone la lettera h (es.: ghërsin, "grissino"; ghignon, "antipatia"); davanti alle altre vocali ha sempre il suono duro (es.: gat, "gatto"; gòj, "gioia"); a fine parola se ha suono duro si aggiunge la lettera h (es.: lagh, "lago"; borgh, "borgo"), se invece ha suono dolce si raddoppia la g (es.: magg, "maggio"; oppure assagg, "assaggio" in italiano);
j si pronuncia come la i iniziale di "ieri" in italiano (j) (es.: braje, "pantaloni"; oppure cavej, "capelli"), ha talora valore etimologico e di solito sostituisce il gruppo gl in italiano (es.: feuje, "foglie"; fija, "figlia");
n può avere pronuncia dentale, come in italiano, o faucale, cioè con suono nasale simile alla pronuncia della n (ŋ) nella parola italiana "fango"; il primo si ha sempre quando si trova all'inizio di una parola (es.: nas, "naso"; nos, "noce"), il secondo si ha quando si trova alla fine di una parola (es.: pan, "pane"; can, "cane"); per indicare la pronuncia dentale a fine parola la n viene raddoppiata (es.: ann, "anno"; pann, "panno"; afann, "affanno");
n- ha pronuncia esclusivamente faucale, cioè con suono nasale simile alla pronuncia della n nella parola italiana "fango" (ŋ), e si usa per indicare il suono faucale in corpo di parole (es.: lun-a, "luna"; sman-a, "settimana"; galin-a, "gallina");
s ha suono duro, con pronuncia detta sorda (s), ad inizio di parola (es.: supa, "zuppa"; sòco, "zoccolo"), dopo consonante in corpo di parola (es.: sensa, "senza"; lòsna, "fulmine"); ha invece suono dolce, con pronuncia detta sonora (z), in fine di parola (es.: nas, "naso"; tornavis, "cacciavite"), o tra due vocali in corpo di parola (es.: reusa, "rosa"; frisa, "briciola"); in caso di S sorda in fine di parola o tra due vocali la S si scrive doppia (es.: rossa, "rossa"; fossal, "fosso"; bass, "basso"; poss, "pozzo"); si tenga presente che in Piedmontese la S, anche quando è scritta SS per conferirle il suono sordo, non si pronuncia mai doppia.
z si pronuncia sempre come la s dell'italiano "rosa",ad eccezione della parola '"arvëdze" (in italiano:arrivederci) che pronuncia con la Z dell'italiano "zorro", se no normalmente in Piedmontese non esiste il suono della Z italiana (es.: zanziva, "gengiva"; monze, "mungere");
v ha una pronuncia simile alla u della parola italiana "cauto" (w), quando si trova in posizione finale di parola (es.: ativ, "attivo"; luv, "lupo"; euv, "uovo"); negli altri casi mantiene la stessa pronuncia della v in italiano (v) (es.: lavé, "lavare"; oppure savèj, "sapere").
Esistono anche gruppi di lettere con specifiche caratteristiche di pronuncia:
s-c si pronuncia con la successione dei due suoni distinti di s e c (st͡ʃ) (es.: s-cet, "schietto"; s-cianché "strappare"); tale scrittura sottolinea che in Piedmontese non esista il gruppo sc della lingua italiana;
e dittonghi:
au, ua, ue e ui con a, e ed i toniche, cioè accentate, si pronunciano come in italiano, ovvero con la pronuncia della u (w) come in italiano (es.: quàder, "quadro"; guèra, "guerra"; quìndes, "quindici");
ùa, ùe, ùi e iù'; in questi dittonghi la u tonica ha la normale pronuncia Piedmontese (es.: crùa, "cruda"; sùit, "asciutto"; fiùsa, "fiducia").
Si segna l'accento tonico sulle sdrucciole (stiribàcola), sulle tronche uscenti in vocale (parlè, pagà, cafè), sulle piane uscenti in consonante (quàder, nùmer), sul dittongo ei se la e è aperta (piemontèis, mèis), sul gruppo ua quando la u vale ü (batùa), e su gruppi di i più vocale alla fine di una parola (finìa, podrìo, ferìe). L'accento si segna anche in pochi altri casi isolati dove non occorrerebbe per regola o per indicare eccezioni (tèra, amèra dove la e di sillaba aperta dovrebbe essere chiusa mentre è aperta) e può facoltativamente segnarsi sulla e delle finali -et, -el per indicarne il grado di apertura (bochèt, lét). L'accento serve inoltre a distinguere alcune coppie di omografi (sà =verbo, sa =questa, là= avverbio, la =articolo).
Il problema maggiore quando è stata scritta la prima grammatica Piedmontese era quello di giungere alla fissazione di una grafia chiara, semplice e rispondente sia alla storia sia alla struttura fonetica e morfologica della lingua e delle sue varietà.
La maggiore differenza tra l' italiano e il Piedmontese consiste nel fatto che il latino ha avuto nel Piedmont alterazioni ben maggiori che in Toscana: le parole Piedmontsi sono più brevi (es.: in Piedmontese si dice fnoj, maslé, plé, tajé che corrispondono all'italiano finocchio, macellaio, pelare, tagliare pur derivano tutte dal latino fenuculum, camellarius, pilare, taliare). I nessi latini cl e gl hanno dato luogo a c e g palatali: da clamare abbiamo ciamé e da glanda abbiamo gianda, mentre in italiano si dicono chiamare e ghianda. Il nesso ct è passato a it (lactem=làit) come in francese, mentre in italiano si dice tt (latte). Il Piedmontese ha nove suoni vocalici (i o è è u eu ë a ò) di cui tre non trovano corrispondenza nei sette italiani. In seguito alla caduta delle vocali di fine parola, non esiste distinzione tra il singolare e il plurale dei nomi maschili, eccetto per quelli terminanti in -l. Inoltre alcune parole che in italiano sono maschili hanno assunto il genere femminile in Piedmontese: la fior (il fiore), la sal (il sale), la mel (il miele), la ram (il rame), eccetera. Alcune parole possono essere usate sia al maschile, sia al femminile, sono principalmente fenomeni atmosferici o entità astratte ''la/ël càud'' (il caldo), ''la/ël frèid'' (il freddo), ''la/ël bin'' (il bene), ''la/ël mal'' (il male). ''A fa na granda càud'' ("fa un gran caldo"), ''Am veul tanta bin'' ("Mi ama tanto, mi vuole tanto bene").
Articles are usually placed in front of nouns, however this is subject to irregularities. Tt is useful to sort them by their nature: determinate or indeterminate, masculine or feminine, singular or plural.
Type | Gender | Number | Article | Example |
---|---|---|---|---|
Determinate | Masculine | Singular | ël ('l) lë (l') |
ël can; ciamé'l can lë scolé; l'aso |
Plural | ij ('j) jë (j') |
ij can; ciamé'j can jë scolé; j'aso | ||
Feminine | Singular | la (l') |
la stòria l'ongia | |
Plural | le (j') |
le stòrie j'onge | ||
Indeterminate | Masculine | Singular | un ('n) në (n') |
un can; ciamé'n can në scolé; n'aso |
Plural | ëd ('d) dë (d') |
ëd can; ciamé'd can dë scolé; d'aso | ||
Feminine | Singular | na na (n') |
na stòria; n'ongia | |
Plural | ëd ('d) dë (d') |
dë stòrie; d'onge |
In grassetto sono le forme regolari della norma letteraria, comuni a gran parte del dominio linguistico Piedmontese. Le altre sono forme locali, riportate con coerenza ortografica rispetto alla norma letteraria. La pluralità di forme (in generale sempre molto simili tra loro) è dovuta al fatto che alcune parlate Piedmontsi siano rimaste a uno stato più arcaico (come il canavesano) ed altre siano evolute più in fretta della lingua letteraria o abbiano subito influenze lombarde o liguri.
Verbi ausiliari
Verbo esse ("essere")
Verbo avèj ("avere")
Verbi regolari
Prima coniugazione: Verbo canté ("cantare")
Seconda coniugazione: Verbo lese ("leggere")
Terza coniugazione: Verbo finì("finire")
La prima testimonianza della formazione del volgare Piedmontese è ritrovata nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Vercelli ed è un mosaico del pavimento risalente al 1040. La seconda in ordine di tempo è l'iscrizione simile del 1106 nella Chiesa di Sant'Evasio a Casale Monferrato. La prima testimonianza consistente sono i "Sermon Supalpengh" ( Sermoni subalpini) del 1150, conservati nella Biblioteca Nazionale di Torino, sono ventidue sermoni completi come commento alla liturgia scritti appositamente per la formazione dei cavalieri templari nelle 26 roccaforti Piedmontsi. Nel XII e XIII secolo presso le corti dei Marchesi di Saluzzo, Monferrato e Savoia, come presso le corti francesi, vengono accolte schiere di cantastorie chiamati "trovatori" che cantavano sui temi dell'amore cortese. L'unico cantastorie Piedmontese di cui ci sono arrivate delle opere è Nicoletto da Torino (Nicolet ëd Turin). Nei secoli successivi il Piedmontese inizia ad affermarsi come lingua amministrativa al posto del latino usato fino ad ora. Oltre alla letteratura religiosa quindi, vengono scritti in Piedmontese anche documenti ufficiali come atti notarili, carte commerciali, statuti di corporazioni e confraternite e brani storici, alcuni sono arrivati fino a oggi. Si sviluppa anche il teatro Piedmontese, principalmente con argomento religioso.
Con il diffondersi della cultura umanista, anche il Piedmontese vanta un autore importante, Giovan Giorgio Alione (Giangiòrs Alion d'Ast, 1460-1529), che in Piedmontese scrive la sua "Opera Iocunda", una raccolta di dieci divertenti farse. A partire dal XVII secolo il passato remoto e il trapassato remoto si estinguono definitivamente, così come nel corso della sua evoluzione il Piedmontese ha semplificato la gran parte dei verbi irregolari latini, infatti oggi fra tutte e tre le coniugazioni dei verbi del Piedmontese ci sono appena diciotto verbi irregolari più i loro composti. Dal XVII secolo la letteratura Piedmontese diventa più consistente perché è l'espressione di una nazione. La letteratura religiosa del Seicento è rappresentata dalle opere "Ël Gelind" e "La Nativtà". In questo periodo nasce un tipico genere poetico Piedmontese, il "tòni". I tòni del periodo più importanti sono "La canson ëd Madòna Luchin-a", "La canson dij dësbaucià", "La canson ëd la baleuria" e "La canson dël tramué 'd Sant Michel". Della fine del 600 è la commedia "Ël Cont Piolèt" del marchese Carlo Giuseppe Giovan Battista Tana (Carl Giambatist Tan-a d'Entraive) e da questa importante opera si afferma il teatro in Piedmontese.
Nel Settecento il Piedmontese era prima lingua per tutte le classi sociali, tanto da venire utilizzato come lingua di corte, di celebrazione liturgica e d'insegnamento didattico.
[31] Mentre nelle corti settecentesche d'Europa - addirittura a San Pietroburgo - si parla francese, a Torino no: questo in conseguenza del sentimento antifrancese dei Piedmontsi dovuto alle vicissitudini politiche. Il medico
Maurizio Pipino (Maurissi Pipin) nel 1783 teorizza la lingua Piedmontese e ne scrive una grammatica, pronta per l'uso scolastico.
La letteratura viene anche usata per incentivare il sentimento nazionale: vengono quindi scritti componimenti poetici su argomenti di guerra per esaltare le gesta dell'esercito Piedmontese che resisteva alle pressioni dei francesi, per esempio il famoso "L'arpa dëscordà" (
L'arpa discordata) sull'assedio di Torino del 1706. Trattano altri temi più divertenti
Ignazio Isler (Ignassi Isler) nel suo "Cansoniè", raccolta di 54 tòni e
Vittorio Amedeo Borrelli (Vitòrio Amedé Borej) nei suoi sonetti e tòni.
Giuseppe Ignazio Antonio Avventura (Gep Antònio Ignassi Ventura) scrive composizioni di critica alla società contenenti idee rivoluzionarie, così come
Edoardo Ignazio Calvo (Edoard Calv). Quest'ultimo è un personaggio molto singolare: medico, introduce il vaccino a Torino e in Piedmont. La sua polemica antifrancese viene espressa solo in Piedmontese e assume toni a volte satirici a volte drammatici e l'amore per la sua terra occupata da Napoleone lo ascrive al romanticismo. Il celebre
Vittorio Alfieri (Vitòrio Alfé), letterato viaggiatore, ha scritto solo due sonetti in Piedmontese come difesa da un attacco personale che gli era stato rivolto, preoccupandosi invero di attenuare gli influssi Piedmontsi e
francesi nel suo destreggiarsi con l'
idioma toscano.
Nella prima metà dell'Ottocento nel Parnas Piedmontis, raccolta letteraria pubblicata annualmente, vengono raccolte tutte le nuove proposte letterarie e la piccola patria Piedmontese si stringe attorno alle sue favole e alle sue fiabe tradizionali di Giuseppe Arnaud (Gep Arnaud): i valori proverbiali della società produttiva vengono sintetizzati in racconti brevi e con fini morali, e sono spesso antiche tradizioni orali che solo ora vengono trascritte in lingua letteraria. Questo genere rientra sempre nel romanticismo e può essere paragonato per tipologia e grazia, ma non per dimensione e successo, al ruolo che i fratelli Grimm hanno avuto nella Germania di quel periodo. Nella seconda metà dell'Ottocento il Piedmontese diventa l'unica lingua possibile per i realisti subalpini: le storie di tutte le classi sociali (baròt, bajet, travet e sgnor, contadini, soldati, impiegati e aristocratici) vengono ritratte in commedie, sonetti e prose (anche romanzi), di cui la più celebre e di successo è stata Le miserie 'd monsù Travet, sulla vita di uno scapestrato impiegato di Torino che per sfuggire a vessazioni e pregiudizi della borghesia preferisce l'indipendenza del fare il libero professionista di classe bassa, il fornaio. Contemporaneamente la poesia d'amore in Piedmontese sviscera i sentimenti più profondi di molti autori e la semplicità dell'amore adolescenziale.
Ma già a fine ottocento inizia a emergere un fattore che via via si ingigantirà sempre di più: autori come Arrigo Frusta (Arrigh Frusta) si rivendicano: non si sentono più al sicuro come Piedmontsi in Piedmont, sentono l'arrivo dell'italiano e Torino declassata a provincia di confine come minacce alla loro identità. Ancora sentono la forte necessità di preparare la lingua a resistere alla minaccia: L'Aso e Ij Brandè sono riviste e giornali pubblicati per anni interamente in Piedmontese. Giuseppe Pacotto (Pinin Pacòt) porta avanti nella prima metà del Novecento intensi studi filologici e si codifica con maggiore precisione grafia e grammatica. Questa corrente, che si può definire "della decadenza" dura ancora oggi e raccoglie tutta la produzione più elevata in lingua Piedmontese. Il filone si è adattato e potenziato con i riferimenti ai fatti che hanno parzialmente deteriorato l'identità Piedmontese come l' unità d'Italia, il fascismo e la massiccia immigrazione interna nel periodo del cosiddetto miracolo economico. Antonio Bodrero (Tòni Baudrìe) ed altri hanno riscoperto e usato nei loro componimenti parole difficili, ripulendo la lingua dall'influenza italiana per rivendicarne l'originalità. Parallelamente sono andate avanti le pubblicazioni e le rappresentazioni di commedie in lingua, nei teatri e nelle televisioni locali, e anche le raccolte di racconti, proverbi e saggi letterari. La musica è per lo più goliardica e folcloristica e non ha più spessore letterario, come invece potevano avere i testi di Gipo Farassino. Il genere del romanzo è rimasto disperso per gran parte del Novecento, con rare traduzioni di classici stranieri. Nella seconda metà degli anni 2000 Luigi Dario Felician (Luis Dario Felissian) ha pubblicato due romanzi in Piedmontese: Turin Ligera e Pa gnente ëd dròlo, nè!.
A Sant'Andrea passa la forza ma non la voglia! (si dice di un uomo anziano a cui piace ancora guardare le giovani fanciulle)
La neve di dicembre non va più alla fine (dura molto perché congela)
Basta un sorriso per farsi un amico.
Un nemico è troppo e cento amici non bastano.
Patti chiari, amicizia lunga.
Can che abbaia non morde.
A comprare ci vogliono quattr'occhi, a vendere ne basta uno.
Chi va piano, va sano e va lontano.
Non basta avere i soldi, bisogna anche saperli spendere.
Sono i soldi che fanno la guerra.
I vivi fanno la guerra i morti fanno terra.
Tutto è utile, perfino le unghie per pelare l'aglio.
Chi fa come dice il prete va in paradiso, chi fa come fa il prete va all'inferno.
La lingua non ha ossa ma se le fa rompere (Chi parla troppo o a sproposito)
English | Italian | Piedmontese | French |
---|---|---|---|
Monday | Lunedì | Lùn-es | Lundi |
Tuesday | Martedì | Màrtes | Mardi |
Wednesday | Mercoledì | Mèrcol | Mercredi |
Thursday | Giovedì | Giòbia | Jeudi |
Friday | Venerdì | Vënner | Vendredi |
Saturday | Sabato | Saba | Samedi |
Sunday | Domenica | Dumìnica | Dimanche |
English | Italian | Piedmontese |
---|---|---|
January | gennaio | Gené |
February | febbraio | Fërvé or Fervé |
March | marzo | Mars |
April | aprile | Avril |
May | maggio | Magg |
June | giugno | Giugn |
July | luglio | Luj |
August | agosto | Aost (or Agost) |
September | settembre | Stèmber (or Stèmbre) |
October | ottobre | Otober (or Otobre) |
November | 11 | Novèmber (or Novèmbre) |
December | dicembre | Dzèmber (or Dezèmbre) |
Number | Piemdontese | Number | Piedmontese |
---|---|---|---|
1 | un | 30 | tranta |
2 | doi | 40 | quaranta |
3 | tre | 50 | sinquanta |
4 | quatr | 60 | sessanta |
5 | sinch | 70 | stanta |
6 | ses | 80 | otanta |
7 | set | 90 | novanta |
8 | eut | 100 | sent |
9 | neuv | 101 | sent e un |
10 | des | 200 | dosent |
11 | óndes | 300 | tërsent |
12 | dódes | 400 | quatsent |
13 | tërdes | 500 | sinchsent |
14 | quatòrdes | 600 | sessent |
15 | quìndes | 700 | setsent |
16 | sëddes | 800 | eutsent |
17 | disset | 900 | neuvsent |
18 | disdeut | 1000 | mila |
19 | disneuv | ||
20 | vint |
Alcune particolarità:
Piedmontese | English | Italian | French | Lombardese | Spanish | Romanian | Portuguese | Latin | Sardinian | Sicilian |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
cadrega | chair | sedia | chaise | cadrega | silla | scaun | cadeira | sella/cathedra | cadrea/cadìra | seggia |
pijé/ciapé | to take | prendere (pigliare) | prendre (agafar) | ciapà | coger | a lua | pegar | capere/prendere | leare | pigliari |
seurte | to leave | uscire (sortire) | sortir | sortì/vegnì foeu | salir | a ieși | sair | exire | bessire | nesciri |
droché/casché/tombé | to fall | cadere, cascare | tomber | borlà giò/crodà/drocà | caer | a cădea | cair | cadere | ruere | cadiri |
ca/meison | house | casa | maison | cà | casa | casă | casa | casa | domo | casa |
brass | arm | braccio | bras | brasc | brazo | braț | braço | bracchium | bratzu | vrazzu |
nùmer | number | numero | nombre/numéro | numer | número | număr | número | numerus | nùmeru | nummaru |
pom (o poma) | apple | mela | pomme | pomm/pomma | manzana | măr | maçã | malum | mela | pumu |
travajé | to work | lavorare | travailler | lavorà | trabajar | a lucra | trabalhar | laborare/operari | triballare/trabagliare | travagliari |
crava | goat | capra | chèvre | cavra | cabra | capră | cabra | capra | craba | crapa |
scòla | school | scuola | école | scoeula | escuela | școală | escola | schola | iscola | scola |
monsù | mister | signore | monsieur | scior/sciùr | señor | domn | senhor | dominus | sennore | signuri |
madama | madam | signora | madame | sciora/sciùra | señora | doamnă | senhora | domina | sennora | signura |
istà | summer | estate | été | estaa | verano | vară | verão | aestas | istiu | staggiuni |
ancheuj | today | oggi | aujourd'hui | incoeu | hoy | astăzi | hoje | hodie | oe/oie | oi |
dman (o doman) | tomorrow | domani | demain | doman/dumàn | mañana | mâine | amanhã | cras | crasa | dumani |
jer | yesterday | ieri | hier | in ier | ayer | ieri | ontem | heri | deris | ajeri |
tastè | to taste | assaggiare | goûter | saggià/tastà/provà | probar | a gusta | provar | degusto | assazzare/tastare | tastari |
Piedmontese vocabulary frequently derives from Italian and French, however there are numerous unique terms not that lack any relation to either language
Italian | French | Piedmontese | English |
---|---|---|---|
attuale | actuel | dël di d'ancheuj | current |
ricordare | rappeler | ten-e da ment | to remember |
Dio, Nostro Signore | Dieu | Nosgnor | God |
giorno, dì | jour | di | day |
in altre parole | c'est-à-dire | visadì | in other words/this is to say |
in più | de plus | an dzorpì | and further |
possedere, avere | posséder | avèj | to possess |
prendere, pigliare | prendre | pijé | to take |
successione, sequenza | suite | sequensa | after |
un punto di vista | un point de vue | na mira | point of view |
usare, adoperare | utiliser | dovré | to use |
lavorare | travailler | travajé | to work |
pulire | nettoyer | storcionè, polidè, netiè | to clean |
computer | ordinateur | elaborator/ordinator [32] | computer |
Piedmontese | Francese | Italiano |
---|---|---|
Alman | allemand | tedesco |
Amusé | amuser | divertire |
Anlevé | enlever | Allevare |
Apelé | appeler | chiamare |
Apress | après | dopo |
Aragn | araignée | ragno |
Articiòch | artichaut | carciofo |
Asard | hasard | caso |
Atrapé | attraper | prendere |
Avion | avion | aereo |
Bassin | bassin | bacinella |
Becheria | boucherie | macelleria |
Bergé | berger | pastore |
Bisò | bijou | gioiello |
Blaga | blague | scherzo |
Bòita | boite | scatola |
Bòsch | bois | legno/bosco |
Brisé | briser | rompere |
Bogé | bouger | muovere |
Bonet | bonnet | cappello |
Boneur | bonheur | felicità |
Cassé | casser | rompere |
Caté | acheter | comprare |
Chité | quitter | lasciare |
Cher | char | carro |
Chen-a | chaîne | catena |
Ciresa | cerise | ciliegia |
Clavié | clavier | tastiera |
Còfo | coffre | forziere |
Corbela | corbeille | cesto |
Crajon | crayon | matita |
Cress | crèche | asilo nido |
Cogé | coucher | coricare |
Complenta | complaint | lamentazione |
Darmage | dommage | danno |
Dëscroché | décrocher | sganciare |
Dësrangé | déranger | disturbare |
Dont | dont | di cui/del quale |
Dròlo | drôle | strano |
Drapò | drapeau | bandiera |
Scren | écran | schermo |
Euvra | œuvre | opera |
Fat | fade | insipido |
Fasson | façon | modo |
Folar | foulard | fazzoletto da collo |
Foslëtta | fusée | missile |
Lapìn | lapin | coniglio |
Lingeria | lingerie | biancheria |
Logé | loger | alloggiare |
Gravé | graver | imprimere |
Grimassa | grimace | smorfia |
Làit | lait | latte |
Lerma | larme | lacrima |
Lésa | luge | slitta |
Madama | madame | signora |
Marié | marier | sposare |
Meis | mois | mese |
Menagi | menage | gestione |
Mersì/grassie | merci | grazie |
Minusié | menuisier | falegname |
Mitoné | mitonner | cuocere a fuoco lento |
Magion | maison | casa |
Mucioar | mouchoir | fazzoletto |
Monsù | monsieur | signore |
Mojen | moyen | mezzo |
Monté | monter | salire |
Mòt | mot | parola |
Novod | neveu | nipote |
Pais | pays | paese |
Parpajon | papillon | farfalla |
Partagé | partager | spartire |
Pia | pie | gazza ladra |
Plenta | plainte | querela |
Po'is | pois | pisello |
Possé | pousser | spingere |
Rainura | rayure | graffio |
Rangé | arranger | aggiustare |
Ravin | ravin | burrone |
Regret | regret | dispiacere |
Reid | raid | rigido |
Ridò | rideau | tenda |
Roa | roue | ruota |
Sabòt | sabot | zoccolo |
Sagrin | chagrin | preoccupazione |
Salada | salade | insalata |
Salòp | sale | sporco |
Assiëtta | assiette | piatto |
Spurì | pourri | appassito/marcio |
Soagnà | soigné | curato |
Strop | troupeau | gregge/mandria |
Sombr | sombre | scuro |
Tèit | toit | tetto |
Travaj | travail | lavoro |
Tombé | tomber | cadere |
Utiss | outil | attrezzo |
Le lingue e le varietà dialettali parlate in Piedmont appartengono a tre diversi gruppi della famiglia romanza. Il walser è un idioma appartenente al gruppo germanico.
Determinante è stato il ruolo delle lingue Piedmontsi nella formazione in epoca medievale dei cosiddetti dialetti gallo-italici di Basilicata ( Potenza, Picerno, Tito, ecc.), e dei cosiddetti dialetti gallo-italici (o altoitaliani) della Sicilia ( Aidone, Piazza Armerina, Nicosia, San Fratello ecc.). [37]
Il Piedmontese d' Argentina, chiamato anche localmente Piemontèis, fa parte tuttora della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina e tutti i discendenti di Piedmontsi ne hanno un ricordo più o meno recente. Non esistono censimenti sul numero attuale di parlanti, i quali sono presenti sia nelle province di Buenos Aires, La Pampa e Entre Ríos, sia soprattutto nelle province di Santa Fe e Córdoba, dove costituiscono una quota importante della popolazione e dove il Piedmontese ha avuto un ruolo sociale notevole accanto allo spagnolo, in particolare nelle vaste praterie a sud del Mar Chiquita, intorno alla città di San Francisco, in cui è stato per un certo tempo lingua maggioritaria, appresa per necessità anche dalle minoranze non-piemontòfone che si insediavano nella zona. La facoltà di lingue dell' ateneo di Córdoba organizza annualmente corsi di lingua Piedmontese, differenziati in base al livello di preparazione iniziale. [38] Illustre locutore argentino del Piedmontese è l'attuale pontefice Papa Francesco [39] [40], che lo considera come la propria madrelingua. [41]
Dal punto di vista linguistico il Piedmontese d'Argentina è aderente al Piedmontese occidentale, sebbene sia scevro di alcune influenze italiane più recenti e abbia in cambio ricevuto apporti spagnoli dal contatto con la lingua ufficiale argentina. Oltre al Piedmontese della pianura occidentale (la base della koiné), non è chiaro se altre varietà Piedmontsi siano sopravvissute in Argentina. [42]
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Piedmontese | |
---|---|
Piemontèis | |
Native to | Italy |
Region | Piedmont (northwest Italy) |
Native speakers | 700,000 (2012) [1] |
Indo-European
| |
Official status | |
Recognised minority language in | |
Language codes | |
ISO 639-3 |
pms |
Glottolog |
piem1238 |
Linguasphere | 51-AAA-of |
Piedmontese (autonym: piemontèis [pjemʊŋˈtɛjz] or lenga piemontèisa , in Italian: piemontese) is a Romance language spoken by some 700,000 people mostly in the province of Piedmont, which lies in the northwestern region of Italy. It is geographically and linguistically included in the Gallo-Italic languages group of Northern Italy (with Lombard, Emiliano-Romagnolo and Ligurian). It is part of the wider western group of Romance languages, which also includes French, Occitan, and Catalan. It is spoken in Piedmont (except to the east, on the eastern part of the Sesia river), Liguria (to the northwest near Savona) and Lombardy (a very small part, in thr town of Lomellina in the Province of Pavia).
The Piedmontese language represents a strong link between the Lombard and Occitan languages however, it also contains numerous unique lexical, phonetic, and morphological features, which help distinguish it significantly from this continuum, as well as from both French and Italian [2], two languages it is frequently associated with due to linguistic history as well as the historical geographic proximity to both languages.
Nella regione Piedmont sono state utilizzate storicamente ben
otto lingue, di cui quella che prende il nome di Piedmontese è l'unica ad essere centrata e racchiusa quasi interamente nel territorio della suddivisione amministrativa.
Dal punto di vista genealogico, il Piedmontese deriva dalla lingua latina innestata sugli idiomi celtici e celto-liguri dopo l'occupazione romana del Piedmont, con successivi contatti e apporti dalle lingue prossime e da quelle adottate come ufficiali.
Il Piedmontese deve ritenersi una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per «lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato». [3] È riconosciuto fra le lingue minoritarie europee dal 1981 (rapporto 4745 del Consiglio d'Europa) ed è inoltre censito dall' UNESCO, nell' Atlante delle lingue del mondo in pericolo, tra le lingue meritevoli di tutela. [4]
Il 15 dicembre 1999 il Consiglio regionale del Piedmont, nell'ordine del giorno contenente la richiesta al presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche [5], ha ufficialmente riconosciuto il Piedmontese quale lingua regionale del Piedmont. [6] Nel 2015 il Consiglio regionale del Piedmont ha attivato la versione in Piedmontese del suo sito ufficiale [7], mentre la legge regionale n. 11/2009 di valorizzazione del patrimonio linguistico del Piedmont - a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 170/2010 che ne aveva fortemente compromesso l'efficacia - è stata aggiornata nel 2016. [8] La lingua Piedmontese è inoltre parte della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina. [9]
Come lingua scritta il Piedmontese si usa fin dal XII secolo ( Sermoni subalpini), ma una vera koinè per uso letterario si è sviluppata solo nel Settecento, epoca che ha visto la nascita di una letteratura a carattere nazionale che ha toccato poco per volta tutti i generi: dalla lirica al romanzo, alla tragedia e all' epica. [10] La grafia Piedmontese si basa sulla tradizione del Settecento; nel Novecento ha goduto di una normazione più precisa e completa, che ha dato un non piccolo contributo alla stabilità e all'unità della lingua, aiutando a codificare anche alcune varietà orali che hanno avuto tradizioni letterarie scarse o assenti.
Pur non essendo regolato ufficialmente da nessuna istituzione, il Piedmontese è materia di ricerca del Centro Studi Piedmontsi - Ca dë Studi Piemontèis, fondato a Torino da Renzo Gandolfo, che conduce ricerche sulla lingua, la letterature e le sue varietà, ed organizza i Rëscontr antërnassionaj per attirare allo studio della lingua altri accademici occidentali.
In Piedmont si parlano 6 tipi linguistici differenti. Di conseguenza, l'area in cui si parla lingua Piedmontese, pur essendo piuttosto vasta, non coincide con l'intera superficie della regione Piedmont. [11] Tutta la provincia del VCO, amministrativamente Piedmontese, è infatti di parlata lombarda, eccetto Formazza e Macugnaga, che sono colonie di lingua walser, come anche Alagna e Rimella in Valsesia.
La Provincia di Novara è invece interessata dal confine tra il Piedmontese e il lombardo. L'ultima fascia di comuni che porta in modo variabile i tratti Piedmontsi è quella compresa tra il corso della Sesia e le colline novaresi, e comprende tutti i comuni della riva sinistra (da Romagnano a Langosco, passando per Carpignano, Recetto, Vinzaglio) che sono gli ultimi comuni classificabili come Piedmontsi prima di cedere il passo al lombardo.
Questi comuni sono gli ultimi che praticano l'enclisi dei pronomi con i participi passati, la vocalizzazione della "L" (come càud vs. cald dal latino CALIDU), la sesta persona indicativa in -o (lor i canto vs. lor i càntan), i dittongamenti Piedmontsi (candèila, sèira e non "candèla, sèra" o candira, sira, tipici lombardi) mentre immediatamente a est compaiono con forza tratti lombardi come la conservazione delle occlusive intervocaliche che in Piedmontese cadono (dismentigà vs. dësmentié), gli infinitivi terminanti per consonante (vess, scriv), il tipo pronominale luu/lee al posto di cëll/cëlla oltre ad usi lessicali tipicamente lombardi (mett e non più il Piedmontese buté, trà e non più il Piedmontese campé, botelia e non più il Piedmontese bota).
Di contro al valsesiano, che è il dialetto più lombardo del Piedmontese (conserva infatti alcune occlusive intervocaliche, il pronome dativo-locativo ghë anziché il tipo lenito Piedmontese jë/ië, usa frequentemente la negazione lombarda mia, e possiede ovvie vicinanze nel lessico), alcuni tratti Piedmontsi si rinvengono nel Cusio e a Novara, residui tuttavia in un tipo di parlate già lombardo (tra questi, la vocalizzazione della L, diffusa in Cusio e nell'Alto-Novarese, la quarta persona terminante per -oma, il plurale femminile terminante per vocale, i dimostrativi del tipo col, cost che iniziano per ['kʊ-], localmente anche l'esito palatizzato in "-é" del latino -ARE, invece dell'"-à" che è dominante nel tipo lombardo, e i giorni della settimana Piedmontsi non terminanti per "dì").
Verso sud, il Po segna il confine tra Piedmontese e lombardo. Si trovano tratti Piedmontsi anche nella Lomellina occidentale, in particolare per la coniugazione verbale a Candia e Breme, ma subito ad est i tratti lombardi sono in tutto dominanti, a parte la caduta di alcune occlusive intervocaliche che compare ancora. Si ha di fatto un dialetto Piedmontese che conserva alcune occlusive (il valsesiano) e un dialetto lombardo che le fa cadere alla Piedmontese (il lomellino occidentale). In ogni caso coincidono con questo tratto del Po da Casale a Valenza le isoglosse della vocalizzazione di L, della negazione post-verbale nen(t) (nò in Lomellina) e dell'uso del verbo travajà contro il lombardo lavorà. Si noti che in questa zona su entrambe le sponde, sia quella lomellina che quella monferrina, l'infinitivo derivato da -ARE non è palatizzato alla Piedmontese.
In provincia di Alessandria sono presenti forti interferenze fra tre ceppi: Piedmontese, ligure ed emiliano. Il limite del Piedmontese è posto all'incirca lungo il corso della Scrivia e quello dell' Orba, lungo i quali s'interrompono in modo abbastanza improvviso i tratti che caratterizzano il monferrino come Piedmontese: rispetto al tortonese l'assenza della coniugazione in consonante (scrivi vs. scriv), il plurale femminile vocalico e non adesinenziale (ël dòni vs. i donn), la seconda persona singolare vocalica e non adesinenziale (ti it canti vs. ti it cant), e rispetto alle varietà di tipo ligure la concomitanza di vocali finali al maschile (es.: binel/binej vs. binello/binelli) e il trattamento ligure dei nessi consonantici latini PL-, BL- e FL- (pian, bianch e fior vs. cian, gianco e sciô). Esistono dialetti liguri con vocali finali ma con un trattamento più gallo-italico di tali nessi. [12] Ne risulta che le città di Novi Ligure e Ovada, oltre alle valli Scrivia, Borbera e alte valli del Curone e del Grue si parla ligure (sono passate ad Alessandria solo dal Decreto Rattazzi del 1859).
Per un breve tratto da Molare a Pareto il confine linguistico segue quello amministrativo, mentre più a ovest si apre un'ampia zona di transizione compresa nella provincia di Savona costituita dall'alta Val Bormida, che tratta i tre nessi latini alla ligure (cian, gianch, sciô), possiede le vocali finali solo sporadicamente nei plurali (piemontèis pl.: piemontèixi) e possiede una fonetica ligure arcaica e fortemente rotacizzata, ma frammista a forti influenze Piedmontsi nella morfo-sintassi e nel lessico (negazione post-verbale nàint, prima coniugazione in "-é", lessico come buté, travajé). Più nettamente ligure è l'Alta Val Tanaro da Pievetta di Priola a monte, per via della combinazione tipicamente ligure dei nessi e delle vocali finali al maschile [13], mentre sono monregalesi arcaiche Viola e Pamparato ( CN), e sono Piedmontsi alto-langaroli Bagnasco, Massimino (SV) e i paesi dell' alta Langa, dove si possono ancora incontrare due tratti recessivi di transizione: la palatizzazione ligure di PL in C dolce e i fonemi [ʃ], [ts] e [dz] nelle posizioni tipiche del ligure arcaico [14].
A ovest il dominio linguistico Piedmontese si arresta prima del crinale alpino e del confine con la Francia: nelle valli cuneesi occidentali, nelle valli saluzzesi e nelle valli valdesi della provincia di Torino si parlano varietà di provenzale cisalpino, che presentano gradualmente alcuni tratti tipici transalpini (per questo è di recente uso il termine di valli occitane). A Coazze, nei dintorni di Susa, nelle tre Valli di Lanzo, in alta valle Orco e in Val Soana si parlano varietà collegate in modo più o meno stretto con i parlari arpitani della Valle d'Aosta e della Savoia.
Il carattere delle parlate alpigiane, sebbene sia già accomunabile ai tipi transalpini, presenta varie elementi endemici di transizione con il Piedmontese, per esempio il pronome mi al posto dell'occitano ieu, oppure la comparsa molto graduale di plurali sigmatici (la fnetrelo pl. la fnetrela e non subito las fnetrelas) e di nessi consonantici (nelle valli valdesi compare la forma ['kjaw] per il latino CLAVE, che è intermedia tra il nesso conservato occitano ['klaw] e il nesso palatizzato Piedmontese ['tʃaw] ciav). Inoltre nel corso del Novecento le trasformazioni che hanno interessato la società di montagna hanno giocato a sfavore dei patois locali, tanto che il Piedmontese di koiné per un breve periodo alla fine del Novecento è stato la lingua più parlata fino alla cresta alpina, finché non è stato l'italiano a sovrapporsi e indebolire entrambe.
Per i movimenti socio-economici dei secoli passati, è comune incontrare il Piedmontese di koiné anche nei principali centri del fondovalle valdostano fino ad Aosta. [15] [16]
L'area linguistica di tipo Piedmontese presenta alcune variazioni su temi fonetici, morfo-sintattici e lessicali, dovute ad asincronie più o meno vistose, od originati dal contatto che solo alcuni dialetti hanno avuto con le lingue adiacenti. I tratti che solo alcuni dialetti condividono con il lombardo si irraggiano dalla Lombardia alla Dora Baltea (nel quadrante nord-est) e dalla Provincia di Pavia al Monferrato (nel quadrante sud-est). I tratti coerenti con il franco-provenzale sono molto scarsi e recessivi, e si concentrano in Val di Susa e Canavese. I tratti di contatto con l'occitano coinvolgono la pianura occidentale, compresa la città di Torino. L'ampia regione collinare del basso Piedmont presenta l'articolo o, i rotacismi in [ɹ] evanescente, forti velarizzazioni della [a] e altri tratti coerenti con il ligure di natura quasi esclusivamente fonetica.
Sono state proposte varie suddivisioni, in particolare quella di Biondelli 1853 appare superata in molti punti. Biondelli divideva in "pedemontano", "valdese", "alpigiano", "canavesano" e "monferrino". Modernamente i gruppi "alpigiano" e "valdese" sono attribuiti alle lingue transalpine tout-court, mentre il canavesano, nell'accezione moderna, non comprende più il vercellese ed il biellese, come sosteneva Biondelli. Il raggruppamento dialettale più condiviso è tripartito in:
Le definizioni classiche per i due settori del Piedmontese sono Alto-Piedmontese (per quello occidentale) e Basso-Piedmontese (per quello orientale) in riferimento al corso del fiume Po [17]. La koiné, essendo fondamentalmente una lingua comune e letteraria è considerata spesso al di sopra di questi gruppi, sebbene sia a base torinese e quindi occidentale/alto-Piedmontese.
Il Piedmontese orientale è una varietà foneticamente più evoluta dell'occidentale.
L'evoluzione fonetica più vistosa è il passaggio a [dʒ] e/o [tʃ] di ciò che in occidente termina per [-jt], [-jd] o [t]. Per esempio làit, tùit occidentali diventano lacc, tucc orientale, frèid occidentale diventa fregg o frecc orientale, lét occidentale diventa lecc orientale. In linea di massima si tratta di un automatismo, ma presenta alcune eccezioni o differenze ulteriori, per esempio neuit diventa regolarmente neucc nel quadrante sud-est, ma nócc nel quadrante nord-est, per influenza lombarda. Un'altra influenza lombarda si ritrova quando l'occidentale veuid in oriente diventa veuj. Altre parole usate anche in Piedmont orientale ma di derivazione occidentale non presentano il fenomeno, quindi deuit rimane uguale sia ad est sia ad ovest.
Una differenza forte a questo riguardo riguarda alcune parole di uso comune, che in Piedmontese orientale seguono il lombardo fin dalla traccia latina: vegg e eugg (vecchio e occhio) derivano dal trattamento alla lombarda di nessi tardo-latini VEGL- e EUGL-, che in Piedmontese occidentale hanno avuto un ulteriore passaggio in VEIL- E EUIL-, sul modello transalpino.
In tutto il Piedmontese orientale le -e a fine di parola pronunciate ad ovest diventano -i: sia le <-e> degli infinitivi di seconda coniugazione (essi, scrivi e non esse, scrive), sia le <-e> dei plurali femminili (dòni o fomni e non dòne o fomne), sia le <-e> delle seconde e quinte persone verbali. Questo tratto basso-Piedmontese è tuttavia precoce, tanto che già a Torino è presente per gli infinitivi e le seconde persone verbali, ma non per i plurali femminili. Si può osservare la forte evoluzione fonetica anche da tratti più circoscritti, per esempio in Monferrato le lenizioni vocaliche sono più stringenti (dman e non doman, cla e non cola), e nel Monferrato ma anche nelle Langhe la pronuncia della [y] si è tanto ristretta da ruotare in una [i]. Questa rotazione si è prestata ad ulteriori variazioni, come nell'alto monferrino (buta>bita>béita ['byta]>['bita]>['bejta]).
Una variazione morfologica che divide nettamente est ed ovest è la coniugazione indicativa imperfetta dei verbi irregolari. In occidente è in uso la gamma di desinenze <-(as)ìa> o <-(is)ìa>, mentre in oriente è utilizzata la stessa gamma <-ava>/<-iva> dei verbi regolari. Per i verbi "fare, dare, stare, andare, dire, avere, sapere" l'imperfetto occidentale è fasìa, dasìa, stasìa, andasìa, disìa, avìa, savìa mentre l'imperfetto orientale è fava, dava, stava, andava, diva, ava, sava, quest'ultimo pronunciato con A velare (<ä>, [ɑ, ɔ]) nelle aree prossime alla Liguria.
Comuni a tutto il Piedmontese orientali sono anche alcune differenze sul lessico, per esempio è in uso il tipo pianze invece di pioré, il tipo spussé invece di fiairé, il tipo dòna invece di fomna, il tipo fradel invece di frel. Esiste poi una fascia molto vicina al confine linguistico che non fa uso della negazione pa. Talvolta alla scomparsa di pa corrisponde l'uso del mia lombardo come negazione secondaria.
L'oriente, essendo più frammentato dell'occidente, contiene altri tratti diffusi però solo in zone circoscritte e non comuni a tutta l'area.
Il canavesano è un dialetto gallo-italico che si confronta con il dialetto Piedmontese occidentale, in quanto concorda con esso sui temi fonetici contrapposti al Piedmontese orientale. Concorda con il resto del Piedmontese sulla maggior parte del lessico, ed ha sempre avuto un rapporto socio-linguistico con il torinese paragonabile a quello dei patoé delle vallate. I parlanti di canavesano praticano storicamente la diglossia tra Piedmontese di koiné e canavesano.
Presenta alcuni esiti fonetici concordi con il franco-provenzale, come per esempio l'esito ['wɛ] laddove il Piedmontese ha ['ɔj] (doèra e non dòira) e l'esito ['ɛ] laddove il Piedmontese ha ['aj] (per esempio fêt e non fàit, uêre e non vàire). Il canavesano adotta il carattere speciale <ê> per marcare proprio questa modifica del dittongo ài in e aperta. Tale grafema è necessario nello scritto per distinguere le coppie minime omofone che si vengono a creare in canavesano, come lét (letto) e lêt (latte).
Altra differenza dal Piedmontese è la conservazione delle R finali che il resto del Piedmontese ha perso (ciocher e non cioché, avèir e non avèj)
Tuttavia la variazione più improvvisa del canavesano risiede nell'infinitivo di prima coniugazione -ar, che diverge sia dal dialetto valdostano confinante, sia dal torinese e dal biellese, che presentano tutti l'infinitivo <-é>. Il dialetto a cui si raccorda questa caratteristica è il trinese, parlato al di là della Dora Baltea in una porzione della Provincia di Vercelli corrispondente in massima parte con i circondari del Principato di Lucedio, che fa da ponte tra l'<-ar> canavesano e l'<-à> basso monferrino, che a sua volta è in continuità all'<-à> lomellino e quindi lombardo. Sono invece coerenti con il dialetto valdostano la quarta e sesta persona di tutti i verbi, che terminano in <-en> (atono), invece che <-oma> e <-o> (per esempio nijêtr e cànten invece di nojàitr i contoma, nijêtr e fen invece di nojàitr i foma).
La koiné Piedmontese (dal greco "lingua comune"), basata su una gamma di tratti torinesi, si è affermata con una certa stabilità tra il Settecento e la metà del Novecento, come codice regionale di prestigio. Questo processo di koinizzazione non è l'unico che si è verificato tra le lingue d'Italia non ufficiali, ma quello Piedmontese ha dimostrato un certo vigore a cui hanno contribuito l'alta omogeneità del dialetto della pianura occidentale ed il crescente ruolo strategico, politico e commerciale di Torino. La koiné parlata in ogni caso è un fatto distinto dal "Piedmontese letterario". Quest'ultimo è infatti un registro illustre derivato dalle classi sociali medio-alte e utilizzato nella produzione scritta. La koiné parlata che ha avuto realmente presa sulla regione era caratterizzata come una varietà media di torinese "piccolo borghese", scevra di peculiarità lessicali e in fase di italianizzazione da alcuni decenni. Il dialetto occidentale, con il triplice ruolo di lingua illustre, lingua comune e dialetto numericamente maggioritario, ha avuto una influenza variabile sui principali centri industriali, commerciali, amministrativi e culturali - dove si parlano varietà Piedmontsi differenti da quella di Torino - e i cui abitanti assumono caratteri torinesi che poi estendono al circondario. È così che le proprietà dei dialetti locali che non coincidono con i tratti di koiné vengono giudicate come rurali o arcaiche dai parlanti di dette comunità, che tendereanno a ridurle fino alla loro recessione [18].
Ciò è stato riscontrato a vario grado a Vercelli, Biella ed Asti, mentre Ivrea, Pinerolo, Lanzo e Susa ( provincia di Torino) risultano ormai compatti con il torinese. Vi è poi una vasta zona di pianura, che comprende tre delle "sette sorelle" della Provincia di Cuneo (ovverosia Saluzzo, Cuneo e Savigliano) in cui si parla un dialetto (noto perlopiù come "alto-Piedmontese") che non si discosta molto dal torinese, fatta eccezione per alcune caratteristiche fonetiche e morfologiche, coincidenti in larga parte con le sue fasi più antiche [19] [20].
Fra le lingue neo-latine il Piedmontese, nella sua storia, è una delle lingue che si sono maggiormente semplificate. Verso la fine del XVII secolo il passato remoto e il trapassato remoto erano già completamente estinti [21], successivamente è caduto l'articolo prima dell'aggettivo possessivo [22] e si sono sviluppate forme più semplici con indicativo e condizionale in alternativa all'uso del congiuntivo, soprattutto dei suoi tempi composti. [23] Senza l'uso del congiuntivo, tuttavia, non si può parlare correttamente il Piedmontese e l'errore viene subito notato. [24] Successivamente, con la massiccia penetrazione dell'italiano, il lessico italiano ha influenzato quello più proprio Piedmontese e così parole come per esempio ancreus, pertus, parpajo, frel, seure, barba, magna e adret sono state rispettivamente sostituite da profond [25], beucc, farfala, fratel, sorela, zìo, zìa e àbil.
Nel secolo XVIII venne stampata la prima grammatica della lingua Piedmontese (in Piedmontese: gramàtica piemontèisa) ad opera del medico Maurizio Pipino presso le Stamperie Reali (1783); però era incompleta. L'unica versione di una certa completezza è quella di Arturo Aly Belfàdel, pubblicata a Noale nel 1933. La Gramàtica Piemontèisa di Camillo Brero è scritta interamente in Piedmontese ed è ancora oggi un riferimento per la lingua letteraria.
Oggi sono disponibili diverse risorse sulla rete: un dizionario consultabile online [26] e alcune grammatiche, fra cui spicca una trilingue (in Piedmontese, italiano e inglese) [27]. Sulla rete la lingua Piedmontese si è ritagliata piccoli spazi in cui viene usata soprattutto per iscritto, contribuendo quindi a un avvicinamento di alcune persone a scrivere nella corretta grafia della koinè. Fra i pochi alfabetizzati si verifica inoltre un processo denominato dai linguisti ausbauization, o più semplicemente purismo, per cui si tende all'uso di parole autoctone o di derivazione francese, evitando l'uso di italianismi. Alcuni esempi possono essere malfè e belfè al posto di dificil e facil, oppure belavans invece di purtròp o ancora nopà al posto di anvece. Un grande lavoro di ricerca e di riabilitazione del lessico più proprio del Piedmontese è partito con l'opera dei Brandé e prosegue tuttora. Un altro fenomeno a cui si assiste soprattutto nella Wikipedia Piedmontese, è quello della codifica di nuove parole per definire oggetti di recente invenzione. Per esempio per parlare di uno schermo piatto si è adottata la parola ecran o per definire il mouse si usa la parola rat, che vuol dire per l'appunto topo. [28] Un ulteriore fenomeno è quello sempre più marcato di includere le varianti in un'unica Dachsprache (dal tedesco "lingua-tetto") invece di tenerle divise. La lingua tetto accetta tutte le parole a prescindere dalla loro precisa provenienza geografica all'interno del territorio in cui si parla Piedmontese. All'interno della lingua tetto non sarà più tipicamente astigiano parlare di un ragazzo con la parola fanciòt, ma l'obiettivo sarà quello di rendere utilizzata e compresa la parola fanciòt da tutti gli alfabetizzati di ogni provenienza. [29]
L'attuale grafia del Piedmontese è stata introdotta negli anni trenta dallo scrittore e letterato subalpino Pinin Pacòt. Esistevano altri tipi di grafie, ancora oggi saltuariamente usate. L'alfabeto Piedmontese è costituito da 25 lettere, 4 in più rispetto a quello italiano (ë, j, n- e ò) con cui condivide la maggior parte delle caratteristiche; vi sono 8 vocali (a, e, ë, i, ò, o, ó e u), le restanti lettere sono tutte consonanti; esiste anche il gruppo vocalico eu che è sempre tonico e si pronuncia con suono unico, esattamente secondo la pronuncia francese (es.: reusa, "rosa" in italiano; oppure cheur, "cuore"; oppure feu, "fuoco"; oppure cheuse, "cuocere"). La sua trascrizione fonetica è ø.
La pronuncia di ogni lettera è uguale a quella italiana con le seguenti eccezioni:
e senza accento, in sillaba chiusa (cioè in sillaba dove la e è seguita da consonante), si pronuncia aperta (ɛ) (es.: pento, "pettine"; oppure mercà, "mercato"), mentre in sillaba aperta (cioè in sillaba che finisce con la e), si pronuncia chiusa (e) (es.: pera, "pietra"; oppure lese, "lèggere");
è con accento grave, ha sempre suono aperto (ɛ), più aperto rispetto alla pronuncia della e aperta in italiano (es.: enèrgich, "energico"; oppure përchè, "perché" in italiano; oppure cafè, "caffè");
é con accento acuto, ha sempre suono chiuso (e) (es.: fé, "fare"; caté, "comprare"; lassé, "lasciare");
ë detta "semimuta", ha uno suono stretto (ə), appena pronunciato, simile a quello della pronuncia dell'articolo francese "le" (es.: fërté, "strofinare"; chërde, "credere"; fëtta, "fetta"), viene detta anche tersa vocal piemontèisa ("terza vocale Piedmontese");
o senza accento, si pronuncia come la u in italiano (u) (es.: Piemont, "Piedmont"; conté, "raccontare"; sol, "sole" (sostantivo); mon(ch), "mattone"). Nelle grafie antiche si scriveva ou oppure u oppure ô e talora anche ö;
ò con accento grave, si pronuncia come la o aperta in italiano (ɔ), in Piedmontese è sempre tonica (es.: dòp, "dopo"; còla, "colla"; oppure fòrt, "forte"). Nelle antiche grafie era sempre scritta o;
ó con accento acuto è utilizzata nei rari casi in cui l'accento tonico cade sul suono o (l'italiana "u") in parole in cui è necessario segnalare l'accento. Se venisse utilizzo l'accento grave verrebbero confusi i foni e si pronuncerebbe ɔ. (es.: "róndola", "rondine"; "ragó", "ragù");
u senza accento, si pronuncia come la u in francese o come la ü in tedesco (y) (es.: butir, "burro"; muraja, "muro"; curt, "corto"; tuf, "afa"). Nelle grafie antiche talvolta appariva scritta ü ed in rari casi û;
c ha sempre suono dolce davanti ad i oppure e (es.: cel, "cielo"; ciòca, "campana"); per rendere il suono duro davanti ad i oppure e si interpone la lettera h (es.: schers, "scherzo"; chitara, "chitarra"); davanti alle altre vocali ha sempre il suono duro (es.: còl, "collo"; cossa, "zucca"); a fine parola se ha suono duro si aggiunge la lettera h (es.: strach, "stanco"; tòch, "pezzo"; pacioch, "fango"), se invece ha suono dolce si raddoppia la c (es.: sbrincc, "spruzzo"; oppure baricc, "strabico");
g ha sempre suono dolce davanti ad i oppure e (ʤ) (es.: gent, "gente"; giust, "giusto"); per rendere il suono duro davanti ad i oppure e si interpone la lettera h (es.: ghërsin, "grissino"; ghignon, "antipatia"); davanti alle altre vocali ha sempre il suono duro (es.: gat, "gatto"; gòj, "gioia"); a fine parola se ha suono duro si aggiunge la lettera h (es.: lagh, "lago"; borgh, "borgo"), se invece ha suono dolce si raddoppia la g (es.: magg, "maggio"; oppure assagg, "assaggio" in italiano);
j si pronuncia come la i iniziale di "ieri" in italiano (j) (es.: braje, "pantaloni"; oppure cavej, "capelli"), ha talora valore etimologico e di solito sostituisce il gruppo gl in italiano (es.: feuje, "foglie"; fija, "figlia");
n può avere pronuncia dentale, come in italiano, o faucale, cioè con suono nasale simile alla pronuncia della n (ŋ) nella parola italiana "fango"; il primo si ha sempre quando si trova all'inizio di una parola (es.: nas, "naso"; nos, "noce"), il secondo si ha quando si trova alla fine di una parola (es.: pan, "pane"; can, "cane"); per indicare la pronuncia dentale a fine parola la n viene raddoppiata (es.: ann, "anno"; pann, "panno"; afann, "affanno");
n- ha pronuncia esclusivamente faucale, cioè con suono nasale simile alla pronuncia della n nella parola italiana "fango" (ŋ), e si usa per indicare il suono faucale in corpo di parole (es.: lun-a, "luna"; sman-a, "settimana"; galin-a, "gallina");
s ha suono duro, con pronuncia detta sorda (s), ad inizio di parola (es.: supa, "zuppa"; sòco, "zoccolo"), dopo consonante in corpo di parola (es.: sensa, "senza"; lòsna, "fulmine"); ha invece suono dolce, con pronuncia detta sonora (z), in fine di parola (es.: nas, "naso"; tornavis, "cacciavite"), o tra due vocali in corpo di parola (es.: reusa, "rosa"; frisa, "briciola"); in caso di S sorda in fine di parola o tra due vocali la S si scrive doppia (es.: rossa, "rossa"; fossal, "fosso"; bass, "basso"; poss, "pozzo"); si tenga presente che in Piedmontese la S, anche quando è scritta SS per conferirle il suono sordo, non si pronuncia mai doppia.
z si pronuncia sempre come la s dell'italiano "rosa",ad eccezione della parola '"arvëdze" (in italiano:arrivederci) che pronuncia con la Z dell'italiano "zorro", se no normalmente in Piedmontese non esiste il suono della Z italiana (es.: zanziva, "gengiva"; monze, "mungere");
v ha una pronuncia simile alla u della parola italiana "cauto" (w), quando si trova in posizione finale di parola (es.: ativ, "attivo"; luv, "lupo"; euv, "uovo"); negli altri casi mantiene la stessa pronuncia della v in italiano (v) (es.: lavé, "lavare"; oppure savèj, "sapere").
Esistono anche gruppi di lettere con specifiche caratteristiche di pronuncia:
s-c si pronuncia con la successione dei due suoni distinti di s e c (st͡ʃ) (es.: s-cet, "schietto"; s-cianché "strappare"); tale scrittura sottolinea che in Piedmontese non esista il gruppo sc della lingua italiana;
e dittonghi:
au, ua, ue e ui con a, e ed i toniche, cioè accentate, si pronunciano come in italiano, ovvero con la pronuncia della u (w) come in italiano (es.: quàder, "quadro"; guèra, "guerra"; quìndes, "quindici");
ùa, ùe, ùi e iù'; in questi dittonghi la u tonica ha la normale pronuncia Piedmontese (es.: crùa, "cruda"; sùit, "asciutto"; fiùsa, "fiducia").
Si segna l'accento tonico sulle sdrucciole (stiribàcola), sulle tronche uscenti in vocale (parlè, pagà, cafè), sulle piane uscenti in consonante (quàder, nùmer), sul dittongo ei se la e è aperta (piemontèis, mèis), sul gruppo ua quando la u vale ü (batùa), e su gruppi di i più vocale alla fine di una parola (finìa, podrìo, ferìe). L'accento si segna anche in pochi altri casi isolati dove non occorrerebbe per regola o per indicare eccezioni (tèra, amèra dove la e di sillaba aperta dovrebbe essere chiusa mentre è aperta) e può facoltativamente segnarsi sulla e delle finali -et, -el per indicarne il grado di apertura (bochèt, lét). L'accento serve inoltre a distinguere alcune coppie di omografi (sà =verbo, sa =questa, là= avverbio, la =articolo).
Il problema maggiore quando è stata scritta la prima grammatica Piedmontese era quello di giungere alla fissazione di una grafia chiara, semplice e rispondente sia alla storia sia alla struttura fonetica e morfologica della lingua e delle sue varietà.
La maggiore differenza tra l' italiano e il Piedmontese consiste nel fatto che il latino ha avuto nel Piedmont alterazioni ben maggiori che in Toscana: le parole Piedmontsi sono più brevi (es.: in Piedmontese si dice fnoj, maslé, plé, tajé che corrispondono all'italiano finocchio, macellaio, pelare, tagliare pur derivano tutte dal latino fenuculum, camellarius, pilare, taliare). I nessi latini cl e gl hanno dato luogo a c e g palatali: da clamare abbiamo ciamé e da glanda abbiamo gianda, mentre in italiano si dicono chiamare e ghianda. Il nesso ct è passato a it (lactem=làit) come in francese, mentre in italiano si dice tt (latte). Il Piedmontese ha nove suoni vocalici (i o è è u eu ë a ò) di cui tre non trovano corrispondenza nei sette italiani. In seguito alla caduta delle vocali di fine parola, non esiste distinzione tra il singolare e il plurale dei nomi maschili, eccetto per quelli terminanti in -l. Inoltre alcune parole che in italiano sono maschili hanno assunto il genere femminile in Piedmontese: la fior (il fiore), la sal (il sale), la mel (il miele), la ram (il rame), eccetera. Alcune parole possono essere usate sia al maschile, sia al femminile, sono principalmente fenomeni atmosferici o entità astratte ''la/ël càud'' (il caldo), ''la/ël frèid'' (il freddo), ''la/ël bin'' (il bene), ''la/ël mal'' (il male). ''A fa na granda càud'' ("fa un gran caldo"), ''Am veul tanta bin'' ("Mi ama tanto, mi vuole tanto bene").
Articles are usually placed in front of nouns, however this is subject to irregularities. Tt is useful to sort them by their nature: determinate or indeterminate, masculine or feminine, singular or plural.
Type | Gender | Number | Article | Example |
---|---|---|---|---|
Determinate | Masculine | Singular | ël ('l) lë (l') |
ël can; ciamé'l can lë scolé; l'aso |
Plural | ij ('j) jë (j') |
ij can; ciamé'j can jë scolé; j'aso | ||
Feminine | Singular | la (l') |
la stòria l'ongia | |
Plural | le (j') |
le stòrie j'onge | ||
Indeterminate | Masculine | Singular | un ('n) në (n') |
un can; ciamé'n can në scolé; n'aso |
Plural | ëd ('d) dë (d') |
ëd can; ciamé'd can dë scolé; d'aso | ||
Feminine | Singular | na na (n') |
na stòria; n'ongia | |
Plural | ëd ('d) dë (d') |
dë stòrie; d'onge |
In grassetto sono le forme regolari della norma letteraria, comuni a gran parte del dominio linguistico Piedmontese. Le altre sono forme locali, riportate con coerenza ortografica rispetto alla norma letteraria. La pluralità di forme (in generale sempre molto simili tra loro) è dovuta al fatto che alcune parlate Piedmontsi siano rimaste a uno stato più arcaico (come il canavesano) ed altre siano evolute più in fretta della lingua letteraria o abbiano subito influenze lombarde o liguri.
Verbi ausiliari
Verbo esse ("essere")
Verbo avèj ("avere")
Verbi regolari
Prima coniugazione: Verbo canté ("cantare")
Seconda coniugazione: Verbo lese ("leggere")
Terza coniugazione: Verbo finì("finire")
La prima testimonianza della formazione del volgare Piedmontese è ritrovata nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Vercelli ed è un mosaico del pavimento risalente al 1040. La seconda in ordine di tempo è l'iscrizione simile del 1106 nella Chiesa di Sant'Evasio a Casale Monferrato. La prima testimonianza consistente sono i "Sermon Supalpengh" ( Sermoni subalpini) del 1150, conservati nella Biblioteca Nazionale di Torino, sono ventidue sermoni completi come commento alla liturgia scritti appositamente per la formazione dei cavalieri templari nelle 26 roccaforti Piedmontsi. Nel XII e XIII secolo presso le corti dei Marchesi di Saluzzo, Monferrato e Savoia, come presso le corti francesi, vengono accolte schiere di cantastorie chiamati "trovatori" che cantavano sui temi dell'amore cortese. L'unico cantastorie Piedmontese di cui ci sono arrivate delle opere è Nicoletto da Torino (Nicolet ëd Turin). Nei secoli successivi il Piedmontese inizia ad affermarsi come lingua amministrativa al posto del latino usato fino ad ora. Oltre alla letteratura religiosa quindi, vengono scritti in Piedmontese anche documenti ufficiali come atti notarili, carte commerciali, statuti di corporazioni e confraternite e brani storici, alcuni sono arrivati fino a oggi. Si sviluppa anche il teatro Piedmontese, principalmente con argomento religioso.
Con il diffondersi della cultura umanista, anche il Piedmontese vanta un autore importante, Giovan Giorgio Alione (Giangiòrs Alion d'Ast, 1460-1529), che in Piedmontese scrive la sua "Opera Iocunda", una raccolta di dieci divertenti farse. A partire dal XVII secolo il passato remoto e il trapassato remoto si estinguono definitivamente, così come nel corso della sua evoluzione il Piedmontese ha semplificato la gran parte dei verbi irregolari latini, infatti oggi fra tutte e tre le coniugazioni dei verbi del Piedmontese ci sono appena diciotto verbi irregolari più i loro composti. Dal XVII secolo la letteratura Piedmontese diventa più consistente perché è l'espressione di una nazione. La letteratura religiosa del Seicento è rappresentata dalle opere "Ël Gelind" e "La Nativtà". In questo periodo nasce un tipico genere poetico Piedmontese, il "tòni". I tòni del periodo più importanti sono "La canson ëd Madòna Luchin-a", "La canson dij dësbaucià", "La canson ëd la baleuria" e "La canson dël tramué 'd Sant Michel". Della fine del 600 è la commedia "Ël Cont Piolèt" del marchese Carlo Giuseppe Giovan Battista Tana (Carl Giambatist Tan-a d'Entraive) e da questa importante opera si afferma il teatro in Piedmontese.
Nel Settecento il Piedmontese era prima lingua per tutte le classi sociali, tanto da venire utilizzato come lingua di corte, di celebrazione liturgica e d'insegnamento didattico.
[31] Mentre nelle corti settecentesche d'Europa - addirittura a San Pietroburgo - si parla francese, a Torino no: questo in conseguenza del sentimento antifrancese dei Piedmontsi dovuto alle vicissitudini politiche. Il medico
Maurizio Pipino (Maurissi Pipin) nel 1783 teorizza la lingua Piedmontese e ne scrive una grammatica, pronta per l'uso scolastico.
La letteratura viene anche usata per incentivare il sentimento nazionale: vengono quindi scritti componimenti poetici su argomenti di guerra per esaltare le gesta dell'esercito Piedmontese che resisteva alle pressioni dei francesi, per esempio il famoso "L'arpa dëscordà" (
L'arpa discordata) sull'assedio di Torino del 1706. Trattano altri temi più divertenti
Ignazio Isler (Ignassi Isler) nel suo "Cansoniè", raccolta di 54 tòni e
Vittorio Amedeo Borrelli (Vitòrio Amedé Borej) nei suoi sonetti e tòni.
Giuseppe Ignazio Antonio Avventura (Gep Antònio Ignassi Ventura) scrive composizioni di critica alla società contenenti idee rivoluzionarie, così come
Edoardo Ignazio Calvo (Edoard Calv). Quest'ultimo è un personaggio molto singolare: medico, introduce il vaccino a Torino e in Piedmont. La sua polemica antifrancese viene espressa solo in Piedmontese e assume toni a volte satirici a volte drammatici e l'amore per la sua terra occupata da Napoleone lo ascrive al romanticismo. Il celebre
Vittorio Alfieri (Vitòrio Alfé), letterato viaggiatore, ha scritto solo due sonetti in Piedmontese come difesa da un attacco personale che gli era stato rivolto, preoccupandosi invero di attenuare gli influssi Piedmontsi e
francesi nel suo destreggiarsi con l'
idioma toscano.
Nella prima metà dell'Ottocento nel Parnas Piedmontis, raccolta letteraria pubblicata annualmente, vengono raccolte tutte le nuove proposte letterarie e la piccola patria Piedmontese si stringe attorno alle sue favole e alle sue fiabe tradizionali di Giuseppe Arnaud (Gep Arnaud): i valori proverbiali della società produttiva vengono sintetizzati in racconti brevi e con fini morali, e sono spesso antiche tradizioni orali che solo ora vengono trascritte in lingua letteraria. Questo genere rientra sempre nel romanticismo e può essere paragonato per tipologia e grazia, ma non per dimensione e successo, al ruolo che i fratelli Grimm hanno avuto nella Germania di quel periodo. Nella seconda metà dell'Ottocento il Piedmontese diventa l'unica lingua possibile per i realisti subalpini: le storie di tutte le classi sociali (baròt, bajet, travet e sgnor, contadini, soldati, impiegati e aristocratici) vengono ritratte in commedie, sonetti e prose (anche romanzi), di cui la più celebre e di successo è stata Le miserie 'd monsù Travet, sulla vita di uno scapestrato impiegato di Torino che per sfuggire a vessazioni e pregiudizi della borghesia preferisce l'indipendenza del fare il libero professionista di classe bassa, il fornaio. Contemporaneamente la poesia d'amore in Piedmontese sviscera i sentimenti più profondi di molti autori e la semplicità dell'amore adolescenziale.
Ma già a fine ottocento inizia a emergere un fattore che via via si ingigantirà sempre di più: autori come Arrigo Frusta (Arrigh Frusta) si rivendicano: non si sentono più al sicuro come Piedmontsi in Piedmont, sentono l'arrivo dell'italiano e Torino declassata a provincia di confine come minacce alla loro identità. Ancora sentono la forte necessità di preparare la lingua a resistere alla minaccia: L'Aso e Ij Brandè sono riviste e giornali pubblicati per anni interamente in Piedmontese. Giuseppe Pacotto (Pinin Pacòt) porta avanti nella prima metà del Novecento intensi studi filologici e si codifica con maggiore precisione grafia e grammatica. Questa corrente, che si può definire "della decadenza" dura ancora oggi e raccoglie tutta la produzione più elevata in lingua Piedmontese. Il filone si è adattato e potenziato con i riferimenti ai fatti che hanno parzialmente deteriorato l'identità Piedmontese come l' unità d'Italia, il fascismo e la massiccia immigrazione interna nel periodo del cosiddetto miracolo economico. Antonio Bodrero (Tòni Baudrìe) ed altri hanno riscoperto e usato nei loro componimenti parole difficili, ripulendo la lingua dall'influenza italiana per rivendicarne l'originalità. Parallelamente sono andate avanti le pubblicazioni e le rappresentazioni di commedie in lingua, nei teatri e nelle televisioni locali, e anche le raccolte di racconti, proverbi e saggi letterari. La musica è per lo più goliardica e folcloristica e non ha più spessore letterario, come invece potevano avere i testi di Gipo Farassino. Il genere del romanzo è rimasto disperso per gran parte del Novecento, con rare traduzioni di classici stranieri. Nella seconda metà degli anni 2000 Luigi Dario Felician (Luis Dario Felissian) ha pubblicato due romanzi in Piedmontese: Turin Ligera e Pa gnente ëd dròlo, nè!.
A Sant'Andrea passa la forza ma non la voglia! (si dice di un uomo anziano a cui piace ancora guardare le giovani fanciulle)
La neve di dicembre non va più alla fine (dura molto perché congela)
Basta un sorriso per farsi un amico.
Un nemico è troppo e cento amici non bastano.
Patti chiari, amicizia lunga.
Can che abbaia non morde.
A comprare ci vogliono quattr'occhi, a vendere ne basta uno.
Chi va piano, va sano e va lontano.
Non basta avere i soldi, bisogna anche saperli spendere.
Sono i soldi che fanno la guerra.
I vivi fanno la guerra i morti fanno terra.
Tutto è utile, perfino le unghie per pelare l'aglio.
Chi fa come dice il prete va in paradiso, chi fa come fa il prete va all'inferno.
La lingua non ha ossa ma se le fa rompere (Chi parla troppo o a sproposito)
English | Italian | Piedmontese | French |
---|---|---|---|
Monday | Lunedì | Lùn-es | Lundi |
Tuesday | Martedì | Màrtes | Mardi |
Wednesday | Mercoledì | Mèrcol | Mercredi |
Thursday | Giovedì | Giòbia | Jeudi |
Friday | Venerdì | Vënner | Vendredi |
Saturday | Sabato | Saba | Samedi |
Sunday | Domenica | Dumìnica | Dimanche |
English | Italian | Piedmontese |
---|---|---|
January | gennaio | Gené |
February | febbraio | Fërvé or Fervé |
March | marzo | Mars |
April | aprile | Avril |
May | maggio | Magg |
June | giugno | Giugn |
July | luglio | Luj |
August | agosto | Aost (or Agost) |
September | settembre | Stèmber (or Stèmbre) |
October | ottobre | Otober (or Otobre) |
November | 11 | Novèmber (or Novèmbre) |
December | dicembre | Dzèmber (or Dezèmbre) |
Number | Piemdontese | Number | Piedmontese |
---|---|---|---|
1 | un | 30 | tranta |
2 | doi | 40 | quaranta |
3 | tre | 50 | sinquanta |
4 | quatr | 60 | sessanta |
5 | sinch | 70 | stanta |
6 | ses | 80 | otanta |
7 | set | 90 | novanta |
8 | eut | 100 | sent |
9 | neuv | 101 | sent e un |
10 | des | 200 | dosent |
11 | óndes | 300 | tërsent |
12 | dódes | 400 | quatsent |
13 | tërdes | 500 | sinchsent |
14 | quatòrdes | 600 | sessent |
15 | quìndes | 700 | setsent |
16 | sëddes | 800 | eutsent |
17 | disset | 900 | neuvsent |
18 | disdeut | 1000 | mila |
19 | disneuv | ||
20 | vint |
Alcune particolarità:
Piedmontese | English | Italian | French | Lombardese | Spanish | Romanian | Portuguese | Latin | Sardinian | Sicilian |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
cadrega | chair | sedia | chaise | cadrega | silla | scaun | cadeira | sella/cathedra | cadrea/cadìra | seggia |
pijé/ciapé | to take | prendere (pigliare) | prendre (agafar) | ciapà | coger | a lua | pegar | capere/prendere | leare | pigliari |
seurte | to leave | uscire (sortire) | sortir | sortì/vegnì foeu | salir | a ieși | sair | exire | bessire | nesciri |
droché/casché/tombé | to fall | cadere, cascare | tomber | borlà giò/crodà/drocà | caer | a cădea | cair | cadere | ruere | cadiri |
ca/meison | house | casa | maison | cà | casa | casă | casa | casa | domo | casa |
brass | arm | braccio | bras | brasc | brazo | braț | braço | bracchium | bratzu | vrazzu |
nùmer | number | numero | nombre/numéro | numer | número | număr | número | numerus | nùmeru | nummaru |
pom (o poma) | apple | mela | pomme | pomm/pomma | manzana | măr | maçã | malum | mela | pumu |
travajé | to work | lavorare | travailler | lavorà | trabajar | a lucra | trabalhar | laborare/operari | triballare/trabagliare | travagliari |
crava | goat | capra | chèvre | cavra | cabra | capră | cabra | capra | craba | crapa |
scòla | school | scuola | école | scoeula | escuela | școală | escola | schola | iscola | scola |
monsù | mister | signore | monsieur | scior/sciùr | señor | domn | senhor | dominus | sennore | signuri |
madama | madam | signora | madame | sciora/sciùra | señora | doamnă | senhora | domina | sennora | signura |
istà | summer | estate | été | estaa | verano | vară | verão | aestas | istiu | staggiuni |
ancheuj | today | oggi | aujourd'hui | incoeu | hoy | astăzi | hoje | hodie | oe/oie | oi |
dman (o doman) | tomorrow | domani | demain | doman/dumàn | mañana | mâine | amanhã | cras | crasa | dumani |
jer | yesterday | ieri | hier | in ier | ayer | ieri | ontem | heri | deris | ajeri |
tastè | to taste | assaggiare | goûter | saggià/tastà/provà | probar | a gusta | provar | degusto | assazzare/tastare | tastari |
Piedmontese vocabulary frequently derives from Italian and French, however there are numerous unique terms not that lack any relation to either language
Italian | French | Piedmontese | English |
---|---|---|---|
attuale | actuel | dël di d'ancheuj | current |
ricordare | rappeler | ten-e da ment | to remember |
Dio, Nostro Signore | Dieu | Nosgnor | God |
giorno, dì | jour | di | day |
in altre parole | c'est-à-dire | visadì | in other words/this is to say |
in più | de plus | an dzorpì | and further |
possedere, avere | posséder | avèj | to possess |
prendere, pigliare | prendre | pijé | to take |
successione, sequenza | suite | sequensa | after |
un punto di vista | un point de vue | na mira | point of view |
usare, adoperare | utiliser | dovré | to use |
lavorare | travailler | travajé | to work |
pulire | nettoyer | storcionè, polidè, netiè | to clean |
computer | ordinateur | elaborator/ordinator [32] | computer |
Piedmontese | Francese | Italiano |
---|---|---|
Alman | allemand | tedesco |
Amusé | amuser | divertire |
Anlevé | enlever | Allevare |
Apelé | appeler | chiamare |
Apress | après | dopo |
Aragn | araignée | ragno |
Articiòch | artichaut | carciofo |
Asard | hasard | caso |
Atrapé | attraper | prendere |
Avion | avion | aereo |
Bassin | bassin | bacinella |
Becheria | boucherie | macelleria |
Bergé | berger | pastore |
Bisò | bijou | gioiello |
Blaga | blague | scherzo |
Bòita | boite | scatola |
Bòsch | bois | legno/bosco |
Brisé | briser | rompere |
Bogé | bouger | muovere |
Bonet | bonnet | cappello |
Boneur | bonheur | felicità |
Cassé | casser | rompere |
Caté | acheter | comprare |
Chité | quitter | lasciare |
Cher | char | carro |
Chen-a | chaîne | catena |
Ciresa | cerise | ciliegia |
Clavié | clavier | tastiera |
Còfo | coffre | forziere |
Corbela | corbeille | cesto |
Crajon | crayon | matita |
Cress | crèche | asilo nido |
Cogé | coucher | coricare |
Complenta | complaint | lamentazione |
Darmage | dommage | danno |
Dëscroché | décrocher | sganciare |
Dësrangé | déranger | disturbare |
Dont | dont | di cui/del quale |
Dròlo | drôle | strano |
Drapò | drapeau | bandiera |
Scren | écran | schermo |
Euvra | œuvre | opera |
Fat | fade | insipido |
Fasson | façon | modo |
Folar | foulard | fazzoletto da collo |
Foslëtta | fusée | missile |
Lapìn | lapin | coniglio |
Lingeria | lingerie | biancheria |
Logé | loger | alloggiare |
Gravé | graver | imprimere |
Grimassa | grimace | smorfia |
Làit | lait | latte |
Lerma | larme | lacrima |
Lésa | luge | slitta |
Madama | madame | signora |
Marié | marier | sposare |
Meis | mois | mese |
Menagi | menage | gestione |
Mersì/grassie | merci | grazie |
Minusié | menuisier | falegname |
Mitoné | mitonner | cuocere a fuoco lento |
Magion | maison | casa |
Mucioar | mouchoir | fazzoletto |
Monsù | monsieur | signore |
Mojen | moyen | mezzo |
Monté | monter | salire |
Mòt | mot | parola |
Novod | neveu | nipote |
Pais | pays | paese |
Parpajon | papillon | farfalla |
Partagé | partager | spartire |
Pia | pie | gazza ladra |
Plenta | plainte | querela |
Po'is | pois | pisello |
Possé | pousser | spingere |
Rainura | rayure | graffio |
Rangé | arranger | aggiustare |
Ravin | ravin | burrone |
Regret | regret | dispiacere |
Reid | raid | rigido |
Ridò | rideau | tenda |
Roa | roue | ruota |
Sabòt | sabot | zoccolo |
Sagrin | chagrin | preoccupazione |
Salada | salade | insalata |
Salòp | sale | sporco |
Assiëtta | assiette | piatto |
Spurì | pourri | appassito/marcio |
Soagnà | soigné | curato |
Strop | troupeau | gregge/mandria |
Sombr | sombre | scuro |
Tèit | toit | tetto |
Travaj | travail | lavoro |
Tombé | tomber | cadere |
Utiss | outil | attrezzo |
Le lingue e le varietà dialettali parlate in Piedmont appartengono a tre diversi gruppi della famiglia romanza. Il walser è un idioma appartenente al gruppo germanico.
Determinante è stato il ruolo delle lingue Piedmontsi nella formazione in epoca medievale dei cosiddetti dialetti gallo-italici di Basilicata ( Potenza, Picerno, Tito, ecc.), e dei cosiddetti dialetti gallo-italici (o altoitaliani) della Sicilia ( Aidone, Piazza Armerina, Nicosia, San Fratello ecc.). [37]
Il Piedmontese d' Argentina, chiamato anche localmente Piemontèis, fa parte tuttora della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina e tutti i discendenti di Piedmontsi ne hanno un ricordo più o meno recente. Non esistono censimenti sul numero attuale di parlanti, i quali sono presenti sia nelle province di Buenos Aires, La Pampa e Entre Ríos, sia soprattutto nelle province di Santa Fe e Córdoba, dove costituiscono una quota importante della popolazione e dove il Piedmontese ha avuto un ruolo sociale notevole accanto allo spagnolo, in particolare nelle vaste praterie a sud del Mar Chiquita, intorno alla città di San Francisco, in cui è stato per un certo tempo lingua maggioritaria, appresa per necessità anche dalle minoranze non-piemontòfone che si insediavano nella zona. La facoltà di lingue dell' ateneo di Córdoba organizza annualmente corsi di lingua Piedmontese, differenziati in base al livello di preparazione iniziale. [38] Illustre locutore argentino del Piedmontese è l'attuale pontefice Papa Francesco [39] [40], che lo considera come la propria madrelingua. [41]
Dal punto di vista linguistico il Piedmontese d'Argentina è aderente al Piedmontese occidentale, sebbene sia scevro di alcune influenze italiane più recenti e abbia in cambio ricevuto apporti spagnoli dal contatto con la lingua ufficiale argentina. Oltre al Piedmontese della pianura occidentale (la base della koiné), non è chiaro se altre varietà Piedmontsi siano sopravvissute in Argentina. [42]
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